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28 marzo 2024, Aggiornato alle 16,33
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Politiche marittime

Tasse ai porti, Duci: "L'Ue non ci vuole privatizzare"

Con la posizione assunta dal past president Federagenti lo shipping italiano ha l'occasione di mostrarsi più razionale, mentre entro il 2022 bisognerà trovare il modo di adeguarsi alle richieste dell'Ue

Gian Enzo Duci, managing director ESA Group

di Paolo Bosso

«È vero che l'Ue ha usato "occhiali nordeuropei" per affrontare la questione, ma nel momento in cui ha stabilito che l'attività economica è il criterio, il fatto che le autorità di sistema portuale siano enti pubblici non è una giustificazione per la mancata tassazione». Lo ha affermato Gian Enzo Duci, agente marittimo, managing director di ESA Group e presidente fino alla settimana scorsa di Federagenti (oggi guidata da Alessandro Santi).

Sembra approdare a posizioni più razionali lo shipping italiano, all'indomani della decisione della Commissione europea di dare all'Italia un anno di tempo per tassare gli introiti degli enti gestori dei suoi porti, enti pubblici economici, le cui entrate principali sono i canoni di concessione demaniale. A caldo, i commenti dell'opinione pubblica portuale italiana sono stati polemici e poco rappresentativi dello stato delle cose (le richieste di un organo sovranazionale, in questo caso, a cui ci si dovrà adeguare in qualche modo), tra l'altro replicando stancamente le stesse cose dette un anno fa, quando è arrivato il primo responso dell'indagine della DG Competition della Commissione europea, iniziata da circa due anni. La questione di assumere una posizione razionale verso l'Ue non risiede tanto nell'essere d'accordo o meno, piuttosto che in qualche modo ci si dovrà adeguare, o negoziare, e di certo i comunicati sulle barricate delle associazioni di categoria - sia dei lavoratori che degli armatori - possono giovare al nostro autocompiacimento corporativo ma nulla più, mentre il governo e l'Ue vanno avanti, con l'Italia orientata alla negoziazione perlomeno da novembre del 2019. Ora, con le dichiarazioni di Duci lo shipping ha l'occasione di esternare una posizione più seria e, in realtà, anche più opportunista. Per chi volesse approfondire la questione, può leggere questo approfondimento.

Più opportunista perché, per esempio, come sottolinea il past president Federagenti, le richieste dell'Unione europea - che sono state negoziate, o in corso di negoziazione, con gli altri quattro Paesi membri che si affacciano sul mare, Belgio, Francia, Olanda e Spagna - possono essere l'occasione per migliorare la funzionalità, la governance delle autorità di sistema portuale italiane, delle quali una delle criticità sono proprio i meccanismi di affidamento e rinnovo delle concessioni. «L'Italia – continua Duci - deve rispondere in maniera coerente alla domanda che arriva dall'Europa e definire qual è l'attività economica delle Autorità di sistema portuali e quali sono i costi e ricavi relativi. E avere il regolamento nazionale sulle concessioni, che manca da quando è stata emanata la legge sui porti nel 1994, consentirebbe di avere un quadro più semplice, perché identificherebbe quali sono le modalità con cui deve essere calcolato il canone di concessione e quindi le entrate, i ricavi e i costi in modo chiaro».

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«L'Unione europea non ci sta dicendo che dobbiamo privatizzare i porti – conclude Duci - ma che anche se sono pubblici le attività economiche devono essere tassate. Su questo punto l'Italia non è difendibile. E non pensiamo di portare la questione davanti alla Corte di Giustizia perché non vinceremmo», conclude Duci, riferendosi alla recente esternazione dei sindacati.

Tag: tasse - bruxelles - porti