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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Politiche marittime

Shipping, occhi puntati su Cina e populismi

L'arrivo di Trump, le elezioni in Francia e Germania. La Cina verso l'egemonia culturale con la One Belt, One Road . L'analisi geo-economica dal XIII Mare Forum Italy


di Paolo Bosso

Tanta politica al XIII Mare Forum Italy, l'evento annuale lanciato da Giuseppe Bottiglieri e ormai "autogestito" dai panelist. Armatori, analisti, agenti marittimi, assicuratori e banchieri, tra gli altri, si sono riuniti a Roma per discutere, come di consueto, dell'evoluzione dello shipping dal punto di vista del mercato, dei noli, delle merci, delle navi. Ma questa volta, diversamente dalle più recenti edizioni, più che di carichi secchi e liquidi, di container e spot, si è parlato del destino politico dei Paesi industrializzati. Non una sola volta è stato nominato il claim dell'evento: The italian Ulysse's view. Neanche Godot è stato scomodato (Waiting for Godot era l'infelice slogan delle edizioni precedenti), anche perché ormai è chiaro: Godot è proprio quella cosa che non arriverà mai.
Non arriverà la "ripresa", per quanto annunciata, sperata, perché il ritorno dei vecchi ritmi pre-2008, delle vecchie conoscenze, dei vecchi mestieri, è impossibile tra economie dei servizi e il race to the bottom socioeconomico. Il mondo nel frattempo è cambiato. E con l'arrivo alla Casa Bianca di Trump, l'imminente ballottaggio in Francia, la campagna elettorale in Germania e un vento populista che soffia forte e inizia a concretizzarsi, lo shipping non può ignorare questi cambiamenti. «Lo shipping è globale, è influenzato da tutto ciò che accade nel mondo», afferma in apertura come keynote speaker Ugo Salerno, presidente e amministratore delegato del Rina.

L'Internet fisico
Uno shipping che, non ci si stanca di ripeterlo, è l'ossatura della globalizzazione, l'"internet fisico" che ha conosciuto il suo più rapido sviluppo, guarda caso, proprio in concomitanza con la caduta del Muro di Berlino e l'avvio della deregolamentazione globale. Tra il 1995 e il 2015, secondo i dati della Federazione del Mare, ha incrementato produttività e occupazione del 65 e 60 per cento. Altri numeri: lo shipping in Europa vale 325 miliardi del prodotto interno lordo dei Paesi membri e 1,2 milioni di impiegati. In Italia è il "fattore 2%": 32,6 miliardi del Pil (il 2%) e 471 mila impiegati (2% degli occupati). Il Belpaese «primeggia in molti comparti ma il nostro punto debole sono i porti» che, secondo il vicepresidente FederMare Umberto Masucci, non sono ancora entrati nell'era dell'automazione e della fluidità logistica delle merci tra mare ed entroterra, e forse sarà un obiettivo irraggiungibile vista la sua conformazione geografica. «I porti italiani - spiega Masucci- nel 2005 rappresentavano il 13,7 per cento del traffico europeo, nel 2015 il 12».

Cina e Usa, tra lungimiranza e protezionismo
Si parla più di politica che di economia anche perché quest'ultima non è più oggetto di particolari preoccupazioni. «Diversi indicatori evidenziano che la produttività sta crescendo», afferma Salerno. E saranno sempre il dragone cinese e l'aquila americana a dividersi il grosso. La crescita Usa, secondo i dati del Rina, è prevista per quest'anno sul 2,3 per cento. Per la Cina del 6,6 per cento e per Brasile e Russia, in recessione fino all'anno scorso, dello 0,2 e 1,4 per cento. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, quello che lo shipping si aspetta e spera è una ripresa delle importazioni di ferro. «Il piano nazionale per le infrastrutture di Trump è molto ambizioso e non è nuovo – spiega Salerno – se a questo sommiamo il recupero di Russia e Brasile, la ripresa del mercato immobiliare Usa e il mantenimento delle politiche fiscali cinesi, possiamo ben sperare che gli Stati Uniti tornino ad essere i primi importatori di ferro», con la Cina ancora esportatore principale anche se sta incrementando il consumo interno. L'ottimismo verso la politica economica americana però non deve essere scambiato per un ritorno alla vecchia egemonia a stelle scrisce. Ormai è la Cina a guidare il mondo, economicamente, e in futuro c'è la possibilità che lo faccia anche culturalmente. Come? Con la One Belt, one road, la nuova via della seta un enorme, trilionario progetto logistico e geopolitico per collegare Asia ed Europa attraverso sei principali direttrici di traffico commerciali tra aereo, ferrovie, camion e ovviamente navi. Ambizioni grosse, «le stesse che conteneva il Piano Marshall» osserva Salerno. Un piano che non richiederà decenni ma un secolo per realizzarsi. Tutti a comprare le "patacche" cinesi? No, il Partito comunista cinese vuole incentrare questo sviluppo economico e culturale sull'innovazione, non più sull'imitazione. «Gli USA pensano in grande, la Cina a lungo termine. Non so se Trump sarà in grado di mantenere le promesse, intanto la Cina se riuscirà a mantenere le sue ambizioni guiderà il mondo», commenta Salerno. Si pensi ad appena dieci anni fa, quando non aveva alcuna politica ambientale di rilievo mentre oggi, con una legge del 2015, vengono inasprite le sanzioni per i funzionari pubblici che inquinano, cercando di equilibrare le esigenze qualitative (più pulite) nazionali con quelle occupazionali, quantitative (più inquinanti) locali. 

In questo contesto il ritorno al protezionismo per lo shipping sarebbe nefasto. «Ci metterebbe in serio pericolo», sentenzia Emanuele Grimaldi, amministratore del gruppo Grimaldi. «Ci sono - continua - sfide enormi da affrontare, come il basso volume di trasporto e la sovracapacità. Il protezionismo non è nuovo, essendo contemporaneo al calo della domanda».

Ambiente: orizzonte 2020
E saranno le nuove regolamentazioni energetiche e ambientali la sfida più grossa che gli armatori affronteranno nei prossimi anni. Principalmente, lo sviluppo del gas naturale liquefatto (lng) e, dal 2020, l'arrivo delle nuove leggi dell'Internazional Maritime Organization (Imo) sul contenuto di zolfo nei combustibili delle navi mercantili. Regole che impongono già adesso investimenti di svariati miliardi. Per Grimaldi «la speranza è che i membri dell'Imo procedano seguendo gli interessi non solo degli armatori ma di tutta la comunità dello shipping. Dobbiamo trovarci nella posizione di applicare più che di approvare le nuove regole sulle emissioni». Discorso a parte per l'lng, su cui se ne prevede un uso intensivo come combustibile dalle unità di cabotaggio passeggeri e rotabili. Ma ancora non si è innescato quel circolo virtuoso tra produzione, approvvigionamento e consumo che determina un mercato che ancora non c'è. «Se non ci si organizza in tempo come paese c'è il rischio di restare a secco», secondo Grimaldi.

«La parola che sintetizza la sessione mattiniera del Mare Forum Italy – commenta sul finale Fabrizio Vettosi, managing director di Venice Shipping and Logistics, è "conoscenza"», del mondo e delle altre compagnie per acquisirle. «L'economia - conclude - diventa sempre più intangibile. Ai manager odierni è richiesta la capacità di gestire i big data. Il periodo del one bank show è finito. Bisogna essere capaci oggi di gestire fusioni e acquisizioni».