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Infrastrutture

Napoli, il porto rischia di bruciare 30 milioni

È la cifra che l'indotto perderebbe,  finito MD3 , se a restare fosse soltanto Cosco con un feeder


di Paolo Bosso (Da Repubblica Napoli del 15 marzo 2014)
 
Con l'addio a maggio del servizio che lo collegava direttamente all'Oriente, l'indotto del porto di Napoli potrebbe bruciare circa 30 milioni di euro. E' il frutto di un calcolo che mette insieme la mancata attività di spedizionieri, agenti marittimi, autotrasporto e servizi tecnico-nautici.
Le economie di scala impegnano gli armatori a navigare con navi sempre più grandi. I porti seguono questa corsa al gigantismo investendo in gru sempre più alte, banchine sempre più lunghe e fondali sempre più profondi. Il rischio che Napoli possa diventare un porto regionale è tutto qui. Nel fatto che, commissariato da un anno, da troppo tempo non segue più le dinamiche internazionali del traffico marittimo. «Negli ultimi tre anni abbiamo stretto i denti attendendo l'espansione del terminal container, ma dal porto non è mai arrivato alcun segnale». Marco Donati racconta così la sua ultima esperienza al porto di Napoli. Direttore generale CosCon Italy, è l'agente della cinese Cosco, l'armatore che insieme a Yang Ming, Hanjin, K-Line e China Shipping componeva l'alleanza MD3, la linea marittima container che da maggio lascerà il porto di Napoli, tagliandolo fuori da approdi internazionali come Shanghai, Singapore e Hong Kong. 
Non è tanto quello che lo scalo perde ad affliggere gli operatori del porto, quanto quello che avrebbe potuto guadagnare se la linea fosse rimasta. «E' molto difficile fare un calcolo - spiega Donati - perché non si può prevedere il movimento delle merci così. Però, tenendo conto che MD3 portava ogni anno a Napoli 110mila teu (container da venti piedi), con le navi più grandi che avremmo inserito il traffico sarebbe potuto salire fino a 200mila teu». Tradotto in cifre sono pari a 30 milioni di euro in più per l'indotto del porto. «E invece questa cifra è proprio quella che potremmo perdere», sentenzia Antonio Sticco, presidente dell'Associazione Campana Corrieri Spedizionieri e Autotrasporto (Accsea). 
Cosco, infatti, si impegnerà a garantire la sua parte di traffico. «Abbiamo intenzione di mantenere gli stessi volumi con i collegamenti feeder (collegamenti brevi ndr) via Pireo» rassicura Donati, mentre gli altri quattro armatori del consorzio non si sono ancora espressi. Se quindi fosse solo Cosco a garantire la sua parte, Napoli perderebbe in ogni caso la metà dei 110mila teu che arrivano con MD3. Da qui il calcolo di Accsea: «Sono 55mila teu in meno, ovvero un indotto che perde almeno 30 milioni». 
Secondo Donati, quello che manca al porto di Napoli sono i pescaggi. Le gru ci sono e le banchine corte, almeno per i primi tempi, non rappresentano un grosso problema. «Ma qui l'escavo dei fondali andava fatto almeno due anni fa. Ora è troppo tardi».
A tutto questo si aggiunge la mancata nomina del presidente del porto. «Regione, Comune e governo non possono più rinviare: decidano subito - è l'appello del deputato PD Lorenzo Impegno - si chiudano, se necessario, in una stanza ed escano solo con il nome del nuovo presidente».