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18 marzo 2024, Aggiornato alle 16,46
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Politiche marittime

Tasse ai porti italiani, Commissione Ue apre indagine

Inizia la seconda fase della negoziazione tra Italia e Bruxelles. Il nostro Paese sostiene che lo Stato non può tassarsi da solo, l'Ue che, in qualche modo, dovrà farlo

(Reuters)

di Paolo Bosso

La Commissione europea ha avviato un'indagine approfondita per valutare se le esenzioni fiscali concesse dallo Stato italiano agli enti gestori dei suoi porti violano le regole sugli Aiuti di Stato.

Il caso si è aperto ufficialmente - dopo i primi risultati di un'indagine della DG Competition resi noti ad aprile 2018 - a gennaio di quest'anno con la richiesta a Italia e Spagna di adeguare le loro leggi in materia tassando, sostanzialmente, gli introiti degli enti pubblici provenienti dai canoni di concessione ai privati per l'usufrutto del demanio pubblico. La Spagna ha risposto impegnandosi dal 2020 di adeguarsi alle indicazioni di Bruxelles, portando così alla chiusura della procedura nei suoi confronti; l'Italia invece non ha accettato di modificare la propria legislazione, portando così la Commissione ad avviare un'indagine approfondita che se confermerà le richieste iniziali porterà a una terza e ultima fase, quella della procedura d'infrazione.

L'indagine approfondita non va vista come un'indagine giudiziaria. Trattandosi dell'Unione europea, va più vista come una negoziazione tra le parti che porterà a una decisione congiunta. In questa seconda fase, per esempio, l'Italia avrà modo di essere ascoltata per motivare la sua decisione di non adeguarsi alle richieste Ue sugli aiuti di Stato. L'Italia sostiene che l'entità giuridica che gestisce i suoi porti rende impossibile l'imposizione di tasse perché i canoni di concessione sono incassati da un ente pubblico non economico regolamentato dalla Corte dei Conti. Se l'indagine porterà a una procedura d'infrazione, l'Italia non avrà altra scelta che adeguarsi, obbligando l'esecutivo ad avviare una nuova riforma legislativa dei porti italiani, a pochi anni dall'ultima, rimasta tra l'altro a metà. Informazioni Marittime ha affrontato approfonditamente la questione, potete leggerla qui

Un'altra cosa da chiarire è che l'Italia non ha una posizione contro le richieste Ue, e sarebbe assurdo porsi in questi termini visto che nell'Ue ci sono 27 Stati, inclusa l'Italia: ora si tratta di dare delle buone ragioni per non adeguarsi alle richieste della Commissione europea, convincendola, considerando, tra l'altro, che finore le uniche esternazioni ufficiali del governo italiano sono più distensive che conflittuali.

Il Commissario europeo alla concorrenza, Margrethe Vestager, commentando l'apertura dell'indagine per l'Italia, è tornata a ripetere, come in altre occasioni, che «se i porti generano profitti da attività economiche, dovrebbero essere tassati allo stesso modo di altre società, ai sensi delle normali leggi fiscali nazionali, per evitare distorsioni della concorrenza». Lo scopo di Bruxelles è di livellare il più possibile i sistemi fiscali dei Paesi Ue, così da rendere la concorrenza tra i porti – che non bisogna dimenticare che si fanno concorrenza – la più equa possibile. L'Ue ha ribadito più volte che è possibile distinguere chiaramente, nelle autorità portuali, le attività economiche da quelle non economiche. Le prime riguardano quella che oggi viene detta "governance": controllo del traffico marittimo (in Italia affidato alle Capitanerie, non alle autorità portuali), sicurezza, sorveglianza, gestione del demanio pubblico. Attività che esulano dal campo di applicazione sugli aiuti di Stato. Invece le operazioni commerciali che riguardano le infrastrutture portuali, di cui la voce più sostanziosa in assoluto è l'"affitto" delle banchine pubbliche ai privati, costituiscono un'attività economica che va tassata.

Ma non è che Bruxelles ce l'ha con l'Italia. Procedure analoghe sono state aperte in Olanda e Belgio, Stati con il maggior traffico portuale d'Europa. Maggiori approfondimenti li trovate qui.

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Tag: tasse - bruxelles