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26 aprile 2024, Aggiornato alle 17,27
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Infrastrutture

Reportage porto di Napoli. Dragaggi, container, interporti

Breve storia del purgatorio del Piano regolatore. De Biasio: "Il futuro è negli interporti". Karrer: "Quale logistica senza centri di produzione?"


di Paolo Bosso 
 
Al porto di Napoli più che nel commissariamento, il fenomeno dei traffici in calo e dell'immobilismo progettuale risiede piuttosto nell'assenza di due opere che da decenni si limitano ad esser da un lato promesse dall'Autorità portuale e dall'altro promosse dalla Regione Campania. La prima è un intervento ordinario e costante, i dragaggi, un approfondimento e un mantenimento dei fondali per lo meno intorno ai sedici metri per consentire l'approdo di navi moderne e capienti. Un'opera che si perde nel contesto nazionale, caratterizzato da un sacco di porti che rientrano nei Siti di Interesse Nazionale. Oggi neanche un operatore dello scalo partenopeo scommetterebbe un centesimo sullo sblocco di quest'opera. La seconda è l'allargamento del terminal container della darsena di Levante, un'opera che nel 2004 è stata inserita nel nuovo Piano regolatore portuale (PRP), il cui ultimo aggiornamento risale al 1958. 
 
Il nodo dei petroli 
Il terminal container di Levante di Napoli si trova in un'area delicata, poco distante dalla darsena petroli. Se fosse espanso così com'è si ritroverebbe a ridosso di un terminal di rinfuse liquide infiammabili, da qui la necessità di realizzarlo spostando i petroli da un'altra parte, cosa che ha reso il progetto  sempre più tortuoso fino a impantanarlo. Nel 2010 il PRP è stato riscritto, «in gran fretta» secondo il presidente Assoagenti Andrea Mastellone, e nel 2013 bocciato dal Consiglio dei Lavori Pubblici proprio sui petroli: mancavano la Valutazione di Impatto Ambientale e un solido piano di sicurezza per la delocalizzazione. Non esagera quindi il commissario dell'Autorità portuale Francesco Karrer quando dice che «è più difficile fare un piano regolatore di un porto che di una città». L'ultimo aggiornamento risale a tre mesi fa, a dicembre, quando Karrer ha detto che sta lavorando con la sua squadra per vedere «come farlo approvare».
 
Il nodo interporti 
Ma non c'è solo il porto, c'è pure un'industria logistica alle spalle fatta di camion e interporti. «I gravissimi problemi operativi del porto non risiedono solo nei dragaggi, ma anche nell'integrazione logistica e intermodale. Strutture a cui bisogna garantire efficienza, realizzando un servizio di tipo europeo». Chi parla è Salvatore De Biasio, presidente dell'Interporto Sud Europa, a una decina di chilometri a sud di Caserta. «In questi giorni - spiega - abbiamo saturato l'offerta degli spazi di stoccaggio nei nostri 330mila metri quadri di magazzini. Abbiamo avviato la fase due di espansione che prevede la realizzazione di altri 300mila metri quadri per un investimento di 120 milioni di euro».
 
La rete degli interporti in Campania dovrebbe puntare di più sulla lavorazione di ciò che viene trasportato e stoccato, svuotando e impacchettando le cose che stanno dentro i container. «Per i porti e gli interporti - spiega De Biasio - l'imperativo è di non limitarsi al transito dei container ma di radicare attività che consentano di svuotarli, costruendo reddito e occupazione proprio sulla base della lavorazione delle merci che in un container sono trasportate».

Quale logistica senza filiera industriale? 
Ma dov'è la filiera industriale che dovrebbe occuparsi di questa "primavera logistica campana"? I centri di produzione, le industrie di lavorazione. «Non si tratta tanto di organizzazione logistica, che non è poi così male come si dice in Italia - afferma Karrer - le criticità risiedono nella carente connessione delle reti e dei servizi. L'enfasi che si pone a questo problema dipende anche dal fatto che spesso per logistica, erroneamente, si intendono solo strade, ferrovie, porti, aeroporti, interporti, e non si guarda l'intera organizzazione logistica dei processi produttivi. Spesso in Italia, e il problema riguarda anche Napoli, mancano i "clienti" del porto. Se alle spalle di un porto, nell'hinterland, non  sono presenti le industrie, che producono merci in uscita o ne richiedono in entrata nel porto, di cosa stiamo parlando? Se queste cose mancano il porto guarda altrove, servendo una domanda non localizzata più nell'hinterland».