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13 dicembre 2024, Aggiornato alle 09,20
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Politiche marittime

Lo shipping in Italia occupa 914 mila persone

Vale il 3,3 per cento del PIL e nei prossimi anni spenderà sempre più soldi per abbattere le sue emissioni. Manager, ministri e dati a confronto al convegno "Economia del mare" del Sole 24 Ore

Il giornalista del Sole 24 Ore, Raoul de Forcade, e il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi

Venerdì scorso si è svolta a Genova, a bordo della nave da crociera Costa Smeralda, la terza edizione di "Economia del Mare", il live&digital event organizzato dal Sole 24 Ore sulla filiera marittima che con le sue 228 mila imprese è un settore strategico dell'economia italiana. Un evento ricco di riflessioni sullo stato di salute del settore e sulle strade che sta percorrendo in campo ambientale con l'utilizzo di nuovi carburanti e gli impegni internazionali ad abbattere le emissioni di gas serra.

Secondo l'ultimo "Rapporto sull'Economia del mare: la dimensione nazionale e territoriale dello sviluppo" della Camera di commercio di Frosinone e Latina, il settore marittimo vale 52,4 di miliardi di euro (3,3% del totale dell'economia nazionale) e dà lavoro a quasi 914 mila persone (3,6% del totale dell'occupazione). Una settore in crescita costante ma le cui rotte internazionali, circa la metà, sono esposte da qualche anno alle instabilità geopolitiche, come in Medioriente, che ha reso a rischio la rotta mercantile sul Mar Rosso, o la guerra in Ucraina, che ha indebolito le rotte marittime dei porti che si affacciano sull'Adriatico.

Il convegno è iniziato con l'intervento del presidente del Gruppo 24 Ore, Edoardo Garrone, a cui sono seguiti gli interventi, tra gli altri di: Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Mario Zanetti, del delegato di Confindustria e presidente di Confitarma; Roberto Alberti, Chief Corporate Officer di Costa Crociere; Massimo Debenedetti, amministratore delegato di Cetena, società del gruppo Fincantieri; ed Elio Ruggeri, presidente di Assocostieri ed executive director Lng di Snam.

Tra gli argomenti trattati da Rixi, si sottolinea la riforma dei porti. «Chiederò un'accelerazione - ha detto - soprattutto perché abbiamo visto come oggi dobbiamo intervenire sia sul tema delle concessioni, sia sulla digitalizzazione, sia irrobustendo le governance, ma soprattutto riuscendo ad avere un governance centrale per indirizzare uno sviluppo armonico del sistema logistico nazionale». È ancora presto per dire quando vedrà la luca la riforma, ha affermato Rixi, ma «nell'autunno si affronterà questo tema», il quale «non riguarda solo il mio ministero ma anche il ministero del Mare e Palazzo Chigi. Ci deve essere una condivisione forte, si può fare anche in tempi rapidi, l'importante è che sia una riforma che serva al Paese». 

Ma per ottenere tutte queste cose occorre «cambio di mentalità dell'Italia e dell'Europa, perché il Mediterraneo deve essere centrale nello sviluppo europeo. Sono infatti diversi i temi che ostacolano il settore marittimo, dalle tensioni sul canale di Suez alla nuova direttiva europea sull'Emission Trading System (ETS)», il mercato di scambio delle quote di carbonio in cui da quest'anno rientra anche lo shipping. Rixi ha detto che «siamo la nazione europea che versa più soldi» sull'ETS. «A livello europeo il governo italiano si è attivato con altri governi, esclusa la Francia, per ridiscutere la direttiva. Nel frattempo, ci siamo attivati affinché ciò che arriva dal marittimo sia reinvestito nel marittimo». Secondo i calcoli di Roberto Alberti, direttore commerciale di Costa Crociere, l'ETS avrà un costo crescente nei prossimi anni: quest'anno peserà sullo shipping intorno ai 6 miliardi di euro ma nel 2026 tra i 15 e i 18 miliardi. «Importi significativi – afferma Alberti - che gli armatori sostengono con l'impegno di decarbonizzare il settore. Il punto è che a oggi non è chiaro quanto ritorni al settore per decarbonizzare, pare molto poco. Il settore crociere è stimato contribuisca per 600 milioni euro l'anno sull'ETS, con la mobilitazione dei passeggeri rappresenta il 2 per cento di tutto lo shipping».

Per Zanetti la necessità è quella di rilanciare Blue Economy, termine con il quale si intende l'economia marittima allargata ai servizi. «Il settore della Blue Economy oggi vale il 9,1% del Pil nazionale, ovvero 161 miliardi di euro. Una cifra che evidenzia la necessità di valorizzare e rilanciare questo comparto, attore determinante nello sviluppo competitivo dell'intero Paese. Per questo, Confindustria, con il contributo dell'intero sistema associativo, lavora ad una nuova politica industriale costruita sulle filiere e sulla loro integrazione con i territori e con i diversi settori. E anche sull'economia del mare, la scelta dei driver strategici, è stata fatta in questa logica, puntando anche sullo sviluppo della portualità e quello di vettori e flotte, insieme alle relative competenze. Quindi infrastrutture e servizi: entrambi imprescindibili sia per la nostra industria per quanto riguarda il traffico merci, che per i passeggeri e per l'industria del turismo. Un altro tassello funzionale ad imprimere impulso alla Blue Economy è l'introduzione di azioni congiunte pubblico-privato capaci di sostenere tutte le componenti della filiera nel processo di decarbonizzazione, fortemente coinvolta nella doppia transizione, anche per restare competitivi rispetto ai nostri concorrenti».

Uno dei carburanti alternativi a basse emissioni su cui lo shipping sta puntando negli ultimi anni è il gas naturale liquefatto.«Entro il 2035 Fincantieri progetterà la prima nave da crociera net zero», ha annunciato Debenedetti, «nel 2025 sarà progettata una nave che avrà il 55% in meno di emissioni e sarà alimentata a gas naturale liquefatto, nel 2030 una nave che emette il 61% in meno di Co2 grazie alla combinazione tre tecnologie: motore a combustione interna, celle a combustibile che alimenteranno parte alberghiera della nave e batterie». La criticità principale di queste nuove tecnologie risiede nei costi dei combustibili. «Devono essere disponibili a prezzi competitivi», ha detto Debenedetti.

«I porti sono sempre stati hub importanti, dal punto di vista economico ed energetico», ha affermato Ruggeti. «Con il tempo ci siamo accorti che sono anche realtà particolarmente energivore. Serve quindi una politica energetica che presieda al loro sviluppo e all'energia di cui hanno bisogno i loro tanti e diversi asset. Senza, soprattutto, pensare che esista un singolo silver bullet (le tecnologie e le energie da utilizzare sono molteplici) e senza abbandonarsi ai localismi».
 

Tag: economia