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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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In Europa l'intermodalità è ancora lontana

Senza treni da 750 metri, tre quarti delle merci si spostano sui camion. L'apparato normativo è obsoleto e gli obiettivi di sviluppo irrealistici. La relazione della Corte dei Conti Ue


a cura di Paolo Bosso

Altro che intermodale. Il cammino verso l'utilizzo del trasporto combinato di navi, treni, camion e aerei (che in termini ambientali significa più chiatte fluviali e treni) è ancora lungo. Stavolta però non si parla dell'Italia ma dell'Europa intera. Lo fa la Corte dei Conti europea nel suo ultimo audit, dove in un'approfondita analisi mostra come il continente preferisca di gran lunga i mezzi pesanti per far circolare la merce. Il che, oltre ad essere una caratteristica intrinseca del trasporto in generale, non è un problema di per sé. Lo diventa però quando questa quota è particolarmente alta in un periodo storico dove l'abbattimento delle emissioni di gas serra è una politica trasversale. Inoltre la Corte sottolinea come le norme europee in vigore sul trasporto combinato siano superate e che la rete delle infrastrutture non è ancora adatta al trasporto intermodale.

Sono stati analizzati tre flussi commerciali chiave che si sovrappongono alle tratte dei corridoi TEN-T, la rete transeuropea di trasporto: il corridoio Reno-Alpi (che si estende dal Belgio e dai Paesi Bassi all'Italia), il corridoio Mare del Nord-Baltico (tra Polonia e Germania) e i corridoi Atlantico-Mediterraneo (che collegano la Germania alla Spagna attraverso la Francia). 

Leggi la relazione integrale sul trasporto intermodale della Corte dei Conti Ue

Treni e chiatte (in questo caso quelle adibite al trasporto fluviale, quindi nel trasporto marittimo dell'entroterra) non competono alla pari con autocarri e camion, si legge nella relazione della Corte dei conti europea. Nonostante gli sforzi compiuti per ridurre il trasporto merci su strada, gli ostacoli normativi e infrastrutturali che penalizzano altri modi di trasporto permangono. Si tratta di questioni che l'Unione europea dovrebbe affrontare se vuole realizzare le proprie ambizioni ecologiche.

Il trasporto su strada è il modo più flessibile di consegnare le merci, oltre a essere spesso il più veloce ed economico: il 75 per cento del trasporto delle merci nell'Unione europea avviene su strada. I camion, però, sono grandi inquinatori. Alleggerire le strade e ricorrere maggiormente ad altri modi di trasporto, come la ferrovia o le vie navigabili interne, può avere un ruolo importante nell'ecologizzazione del trasporto merci. Perché questo cambiamento avvenga, tra il 2014 e il 2020 l'Ue ha fornito oltre 1,1 miliardi di euro a sostegno di progetti di intermodalità.

«La decarbonizzazione dei trasporti è al centro dell'obiettivo dell'Unione europea di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, come stabilito nel Green Deal europeo», afferma Annemie Turtelboom, il membro della Corte dei conti Ue responsabile dell'audit. «Sebbene l'intermodalità sia uno strumento fondamentale in tale sforzo, il  trasporto merci non è sulla buona strada».

Il propblema è che manca una strategia per il trasporto intermodale delle merci, che nell'Europa continentale si traduce soprattutto nel trasporto ferroviario e fluviale. Poiché però le quote di trasporto di questi mezzi non sono vincolanti al momento (tranne per il trasporto ferroviario, che dovrà raggiungere il 30 per cento entro il 2035 secondo i parametri del Green Deal) i Paesi membri fissano ciascuno i propri obiettivi che non sono sempre allineati alla politica comunitaria. La Corte pertanto afferma che gli obiettivi di massima fissati (raddoppiare il traffico ferroviario e aumentare il ricorso alle vie navigabili interne del 50 per cento) sono «semplicemente irrealistici».

Alcune norme, poi, nuocciono all'attrattività del trasporto intermodale. L'attuale versione della direttiva sui trasporti combinati è obsoleta (risale al 1992) e inefficace, secondo la Corte. Ad esempio, prevede l'obbligo di un documento cartaceo timbrato dalle autorità ferroviarie o portuali per tutto il tragitto, invece di un flusso di lavoro digitalizzato. Vari tentativi di revisione della direttiva da parte della Commissione europea non hanno trovato il parere favorevole degli Stati membri. Al contempo, altre disposizioni normative, in particolare quelle che disciplinano il trasporto su strada, a volte contravvengono all'obiettivo di incentivare l'intermodalità. Verosimilmente, la gestione della capacità e l'interoperabilità rimarranno problematiche in assenza di nuove azioni legislative (riguardanti, ad esempio, la pianificazione delle bande orarie per il trasporto merci su rotaia o le regole di priorità per i treni passeggeri rispetto a quelli merci, o i requisiti linguistici per i macchinisti di treno).

La Corte dei conti europea segnala anche i ritardi accumulati dai Paesi membri nel rendere le infrastrutture conformi ai requisiti tecnici stabiliti dalla normativa Ue. Ad esempio, nello sforzo di competere con il trasporto su strada, utilizzare treni più lunghi che raggiungano la lunghezza standard europea di 740 metri potrebbe essere uno dei miglioramenti più convenienti dal punto di vista dei costi. Il problema è che, però, questi treni possono in teoria essere utilizzati solo sulla metà dei corridoi centrali della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Inoltre, la mancanza di informazioni sulle capacità della rete e dei terminali intermodali impedisce agli speditori e agli operatori logistici di offrire buone soluzioni di trasporto intermodale ai propri clienti. La proposta di revisione del regolamento TEN-T. Ma così com'è, conclude la Corte dei conti europea, semplicemente la rete di trasporto merci dell'Ue non è ancora adatta all'intermodalità.

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