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28 marzo 2024, Aggiornato alle 16,33
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Politiche marittime

Federagenti, Santi: "In dieci anni centinaia di posti di lavoro persi"

L'associazione lancia l'allarme sugli agenti marittimi. Capitali stranieri, calo del carbone, contrazione delle compagnie. Nella sola piazza di Genova il numero di agenzie marittime si è dimezzato. E i giovani emigrano altrove

(Megan Coughlin/Flickr)

Negli ultimi dieci anni sono state a decine in Italia le aziende di brokeraggio specializzate nelle attività di noleggio e compravendita delle navi ad essere uscite di scena, con centinaia di posti di lavoro ad alta qualificazione professionale andati persi. «Con un sistema Paese che, in un panorama generale di accorciamento delle filiere di approvvigionamento strategico e di aumentato controllo sulle stesse, è diventato incapace di comprendere quanto sia vitale difendere alcune attività legate a traffici vitali, delegandone, invece, il controllo a player stranieri, anche l'attività dei broker marittimi segna il passo facendo scattare un allarme che non può passare inascoltato». Così il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, delinea lo stato dell'arte degli agenti marittimi in Italia.

Sulla sola piazza di Genova, spiega l'associazione, in dieci anni il numero delle aziende si è quasi dimezzato con occupati ad alta specializzazione passati dai quasi 340 del 2010 ai 220 di oggi.

Una delle eccellenze dello shipping italiano sta pagando a caro prezzo prima una crisi legata a uno scenario internazionale caratterizzato dalla centralizzazione dei servizi, sempre più disintermediati (e l'agente marittimo è un broker, un mediatore), e ora le conseguenze della pandemia.

Nello specifico, lo scenario economico degli agenti marittimi italiani, spiega Santi, vede una contrazione costante nel trasporto di alcune materie prime alla rinfusa, in primis il carbone e conseguentemente, dei noli; poi la perdita del controllo da parte dei capitali italiani di attività strategiche industriali come quella della siderurgia; infine, la contrazione nel numero delle compagnie di navigazione italiane impegnate nel trasporto di merci alla rinfusa.

La conseguenza è che questa professione in Italia subisce lo scavalcamento dei competitor esteri, «che sul mercato domestico possono competere con minori vincoli, ma anche minori garanzie per i clienti, ottenendo il favore dei grandi caricatori nazionali, a partire dalle multinazionali del settore energetico», spiega Santi. Si crea un circolo vizioso nel quale i grandi caricatori escludono le società nazionali di brokeraggio, le quali, conclude il presidente di Federagenti, «vedono erosa anche la loro storica propensione alla formazione e all'impiego dei giovani che, in numero crescente, o emigrano o cercano impiego presso i caricatori, con il risultato di indebolire quello che era un fiore all'occhiello dello shipping italiano e mediterraneo e, con effetto domino, anche il potere contrattuale e di controllo dei player industriali del Paese che sino a pochi anni fa trovavano nei broker italiani non solo una figura di intermediazione, ma soprattutto un consulente di fiducia».

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