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01 maggio 2024, Aggiornato alle 20,50
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Politiche marittime

Energia verde, lo shipping vale 18 volte la produzione mondiale

Uno studio della Biberach University - commissionato dall'ICS - rileva l'enorme domanda del settore, ma anche le enormi opportunità, con il Sud del mondo che diverrebbe il produttore principale

(lotsemann/Flickr)

a cura di Paolo Bosso

L'ultimo studio ambientale commissionato dall'International Chamber of Shipping rileva come entro il 2050 il trasporto mercantile avrebbe bisogno di 18 volte la capacità attuale di produzione di energia rinnovabile per far girare le navi senza bruciare combustibili fossili.

Non è uno scenario plausibile se consideriamo l'attuale livello di produzione energetica verde mondiale, ma il Fuelling the Fourth Propulsion Revolution - così si chiama lo studio (presentato nei giorni scorsi al World Ports Conference di Vancouver), scritto dal professore di scienze applicate Stefan Ulreich della Biberach University, in Germania - sottolinea come l'enorme domanda energetica del settore rappresenti una grande opportunità per gli investitori e i governi, perché potrebbe determinare un circolo virtuoso tra il Nord ricco e il Sud povero, con il Nord che diventa fruitore e distributore di quello che il Sud produce.

Prendendo come esempio il commercio globale di idrogeno, il rapporto ha identificato sostanziali potenziali benefici per i paesi esportatori e importatori, in particolare nel Sud del mondo. Ciò è dovuto ai differenziali dei costi di produzione, in un intervallo compreso tra i 72,60 €/MWh e i 156,40 €/MWh nel 2050. La fascia di costo riflette l'abbondanza di potenziale rinnovabile, come l'energia solare ed eolica, in diversi paesi dell'Africa e dell'America Latina, che possono generare l'elettricità necessaria per la produzione di combustibili a idrogeno a costi molto inferiori. Germania, Algeria e Cile sarebbero al momento i produttori principali, forti di diversi bilaterali firmati negli ultimi anni.

Ma alla base di tutto questo ci vorrebbe una maggiore ricerca e sviluppo nei combustibili verdi, oltre alla creazione di infrastrutture di produzione in località geografiche chiave come l'America Latina e l'Africa. Le stime mostrano un potenziale di produzione di oltre 10 mila TWh per combustibili (netti) a zero emissioni di carbonio nelle regioni costiere di tutto il mondo.  

Ad oggi, però, rileva il rapporto del professor Ulreich, gli investimenti in tecnologie e infrastrutture per allinearsi a questo scenario semplicemente non ci sono. Anzi, secondo l'Agenzia internazionale dell'energia gli  investimenti aziendali in ricerca e sviluppo per i combustibili verdi sono diminuiti da 2,7 miliardi di dollari del 2017 a 1,6 miliardi del 2019, ed è probabile che siano ulteriormente diminuiti con l'arrivo della pandemia. Entro il 2050, secondo IRENA, l'agenzia internazionale per le energie rinnovabili, almeno la metà dei combustibili verdi scambiati a livello globale dovrebbe essere spostati sulle navi commerciali.

Lo studio rileva due fattori determinanti, che per la transizione energetica c'è bisogno di una produzione di energia corrispettiva a livelli colossali rispetto ai ritmi attuali, e che questo rappresenta l'altra metà del cielo: l'infrastruttura di distribuzione, ovvero stazioni di rifornimento, servizi marittimi dedicati e stabilità degli approvvigionamenti. «Per soddisfare l'enorme domanda di combustibili a base di idrogeno nel Nord del mondo sono urgentemente necessari centri di produzione nel Sud del mondo», commenta Ulreich. «Mentre i governi stanno iniziando a rendersi conto della necessità di passare a combustibili come l'idrogeno, finora sembra che sia stata data poca attenzione a come trasporteremo effettivamente questi combustibili». 

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