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28 marzo 2024, Aggiornato alle 12,19
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Logistica

Tracciare i camion e aprire i varchi. Le proposte Cna-Fita e Unitraco per il porto di Napoli

Uno studio di fattibilità del consorzio trasportatori container propone soluzioni per migliorare le viabilità, come l'apertura di un gate a via Sponzillo e la digitalizzazione di ingressi e uscite. Musella: "Bisogna integrare tutti gli operatori"

Il tratto del porto di Napoli tra il varco Bausan e il Sant'Erasmo

di Paolo Bosso

Tracciare digitalmente i mezzi pesanti, programmare le attese, far pagare le soste dei container e aprire nuovi varchi. I sindacati dell'autotrasporto Cna-Fita e Fai-Conftrasporto, insieme ad Aicast (sezione trasportistica della Camera di Commercio) e a Unitraco, consorzio delle imprese di trasporto dei container di Napoli, mettono sul piatto una serie di proposte per migliorare la viabilità portuale, ridurre lo stress di autisti e terminal e l'inquinamento dell'area di Levante dello scalo. Alla base, uno studio di fattibilità con tanto di simulatore di traffico.

Nel porto di Napoli il volume dei mezzi pesanti è di circa 580 mila all'anno in transito, cioè circa 1,600 al giorno. Un flusso che, soprattutto nell'ora di punta pomeridiana, tra le 15 e le 20, si incrocia con quello urbano. Siamo nella zona di Levante, tra via Marina e il varco Sant'Erasmo e il traffico che si accumula è notevole. In questa situazione, la sosta dei container nei porti sta diventando un problema. È un fenomeno locale, di un porto compresso, ma riflette anche un contesto mondiale che in questo ultimo anno, dopo il riavvio post-pandemia, ha visto una domanda di consumo sproporzionata rispetto all'offerta di trasporto. La Federal Maritime Commission degli Stati Uniti, per esempio, su richiesta della Casa Bianca, ha avviato uno studio sulla liceità degli aggravi dei costi che le compagnie marittime addebitano ai caricatori, un'indagine che servirà a capire anche come fluidificare i volumi di merce dei trasporti. A Los Angeles come a Napoli, il fatto è che di container se ne stanno accumulando a tal punto da non rendere più sostenibile una consuetudine, quella di sostarli per qualche giorno gratuitamente a carico dell'autotrasporto. Sono ormai troppi i clienti dei trasportatori che sfruttano la disponibilità del comparto a mantenerli fermi gratis.

Dal primo dicembre, su iniziativa di FITA-CNA, Fai-Conftrasporto ed Aicast, nel porto di Napoli il servizio di stoccaggio è diventato a pagamento, tra i 35 e i 50 euro al giorno con un free-time di tre giorni, da sommare al costo dell'handling. «La situazione è sempre più difficile da gestire, la congestione costante dei terminal costringe le nostre imprese a staccare i contenitori nei propri piazzali o, ancora peggio, a tenere bloccati i propri camion perché occupati da container destinati all'esportazione», spiega Attilio Musella, presidente di UNI.TRA.CO. (Unione Trasportatori Container), consorzio formato da 22 aziende di autotrasporto che gravitano nel porto di Napoli, che parla di un fenomeno che «si aggiunge a problematiche croniche quali la gestione dei contenitori vuoti e la congestione dei varchi».

Se l'ultimo accordo nazionale sui contenitori sottoscritto a luglio scorso, firmato dalla maggior parte delle associazioni della committenza e dell'autotrasporto, sembrava aver chiarito definitivamente che la responsabilità dello stato dei contenitori è del terminal o del deposito che li consegna – e che gli autisti non sono responsabili dello stato di ideonità al carico delle parti interne del contenitore -, dall'altro lato le attese per le operazioni di carico e scarico nei terminal del porto di Napoli sono senza un criterio di remunerazione delle ore di sosta. «Si dovrebbe puntare ad una informatizzazione di tutto il sistema logistico portuale attraverso un'integrazione condivisa che veda la partecipazione di tutti gli operatori: terminal, spedizionieri, trasportatori e organi di controllo», spiega Musella. «Si dovrebbe puntare a un "grande occhio" in grado di monitorare e governare i flussi secondo una logica ecosostenibile a vantaggio di tutto il sistema portuale». Cioè, in altre parole, si dovrebbe creare un sistema di tracciabilità e prenotazione di accesso dei mezzi pesanti.

La logistica delle soste non condiziona solo il porto di Napoli ma anche quelli di Livorno, Genova e La Spezia, per esempio. Tornando nel porto di Napoli, da diversi anni gli autisti affrontano anche problemi di viabilità interna che periodicamente, a seconda dei picchi, bloccano il porto. Alle attese per entrare nei terminal si sommano quelle per uscire dal porto, creando disagi sia agli autisti che a chi circola e lavora nell'area di Levante. «Soprattutto nel pomeriggio, al varco Bausan si crea un imbuto», spiega Musella. «Sono diversi anni che chiediamo all'autorità portuale di aumentare le vie di uscita dal porto aprendo anche varchi ormai abbandonati e che potrebbero essere destinati solo per l'uscita dei contenitori».

A tal proposito, Unitraco ha realizzato a febbraio 2020 uno studio di fattibilità per riorganizzare la gestione del traffico merci in uscita utilizzando il SUMO, uno strumento open source di simulazione del traffico stradale rilasciato nel 2002 dal German Aerospace Center. I varchi portuali di riferimento sono tre: il Bausan, quello principale, collegato direttamente all'autostrada; il Carmine, lontano e raggiungibile solo passando per la città e che viene utilizzato come punto di controllo e smistamento dei rotabili; infine, il Sant'Erasmo, utilizzato solo per le uscite dei contenitori vuoti. Il volume è quello detto all'inizio di 580 mila mezzi pesanti l'anno che si incrociano con le automobili, con il flusso urbano. «Oltre ai disagi per gli autisti che lavorano e dei cittadini che rientrano a casa o vanno al lavoro, si aggiunge un'emissione notevole di particolato, monossido di carbonio e di polveri sottili», spiega Musella. La soluzione sarebbe l'apertura di un nuovo varco di uscita a via Sponzillo, grazie a un modesto intervento di riempimento di un piccolo tratto di binari. Nei pressi del varco Bausan si potrebbe accedere a un nuovo gate, attualmente abbandonato, che potrebbe essere dedicato all'uscita dei contenitori decongestionando i varchi di Bausan e Sant'Erasmo, che interseca via Marina. L'apertura di un nuovo varco a via Sponzillo ridurrebbe drasticamente i tempi doganali ed eviterebbe l'incrocio tra mezzi pesanti e automobili. Infine, diminuendo, se non eliminando, gli ingorghi, le emissioni nell'area di Levante del porto si ridurrebbero drasticamente a vantaggio di tutti e soprattutto della salute dei cittadini che vivono nell'area. 

Tutto questo, ovviamente, ha dei costi. In realtà, «piccoli investimenti infrastrutturali», secondo Musella, «inoltre, un aggiornamento tecnologico che consenta la tracciabilità e la pianificazione dei flussi; infine, una informatizzazione dei processi. Il porto di Napoli potrebbe rappresentare in questo senso un caso di studio per interventi ecosostenibili, tutti ampiamenti rispondenti ai principi cardine del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nei prossimi giorni invieremo all'assessore alla mobilità del Comune di Napoli, Edoardo Cosenza, ed al presidente dell'Autorità di sistema portuale del Tirreno Centrale, Andrea Annunziata, una lettera in cui spieghiamo i problemi che stiamo vivendo e le soluzioni che proponiamo».