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23 aprile 2024, Aggiornato alle 16,31
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La crisi dei trasporti, spiegata dall'inizio

Un rapporto dell'ONU analizza le cause strutturali e contingenti della congestione dei porti. L'oligopolio armatoriale, l'aumento dei noli, l'inflazione. Senza grossi interventi, anche sulle infrastrutture, il rincaro dei costi continuerà fino al 2023

(International Maritime Organization/Flickr)

di Paolo Bosso

Ogni anno la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) pubblica il Review of Maritime Transport, un resoconto dello stato di salute dello "shipping" (come gli anglosassoni chiamano il trasporto mercantile) con dettagliate statistiche sul traffico annuale dell'anno precedente e una descrizione dei fenomeni che lo hanno caratterizzato. È tra i più approfonditi che ci sono, con i dati ufficiali delle nazioni industrializzate.

Una buona notizia per l'economia globale è che il traffico mercantile del 2020, segnato dalla pandemia, è calato meno di quanto ci si aspettasse: del 3,82 per cento. I dati della relazione dell'anno precedente prevedevano una flessione superiore al 4 per cento. Nel 2021 si prevede un aumento del 4,3 per cento dei volumi di trasporto via mare, anche se la pandemia ancora in corso complica le previsioni. Negli ultimi due decenni il tasso di crescita annua del commercio marittimo è stato del 2,9 per cento. Nel 2022-2026 si prevede una crescita del 2,4 per cento.

Dall'estate scorsa la circolazione delle merci nel mondo non riesce a stare dietro alla domanda di consumo. È successo che durante i vari lockdown abbiamo speso i nostri soldi più in beni che in servizi e il lavoro da casa, lo shopping online e l'aumento delle vendite di computer hanno creato una pressione senza precedenti sulle catene di approvvigionamento. A patirne le conseguenze sono stati in particolare gli Stati Uniti, il principale polo di produzione tecnologica fuori dall'Asia, dove i produttori hanno avuto difficoltà a rifornirsi dalla Cina, da Taiwan, dalla Corea del Sud e dal Giappone.

Una serie di cambiamenti, incertezze e ostacoli nei funzionamenti dei flussi commerciali ha influito negativamente sul trasporto dei container, attraverso i quali si spostano le cose che compriamo. Le ragioni sono diverse: c'entrano i vincoli di capacità nell'offerta di trasporto, la carenza di container vuoti da riempire e quella di manodopera a terra, gli operatori portuali. Mancano anche i marittimi a bordo dei mercantili, per via delle oscillanti restrizioni alla mobilità che limitano gli spostamenti tra paesi.

Oggi, secondo l'International Transport Workers' Federation, sono almeno 200 mila i marittimi (su un totale di oltre un milione) ad avere difficoltà a raggiungere la nave per fare il cambio di equipaggio con i colleghi, o a tornare a casa dopo la fine del turno. Mancano corridoi aerei prioritari per questi lavoratori, che a dicembre scorso l'ONU, dopo mesi di pressioni da parte di sindacati e compagnie marittime, ha dichiarato una "categoria lavorativa chiave". Tra la primavera e l'autunno del 2020 erano in 400 mila bloccati sulle navi, nel proprio paese o in aeroporto, senza poter raggiungere il posto di lavoro o tornare a casa.

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Tag: economia