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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Logistica

Tanto franco fabbrica e micro imprese: come digitalizzare l'Italia?

La logistica italiana ha bisogno di innovazione, in uno scenario reso complicato dal sovraffollamento di padroncini. I temi sollevati dall'assemblea annuale di Confetra

Guido Nicolini, presidente di Confetra, ed Ennio Cascetta, ordinario di Infrastrutture e Trasporti, Universitas Mercatorum

di Paolo Bosso

I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono l'occasione per far fare all'Italia della logistica quel salto digitale di cui ha bisogno, cioè l'informatizzazione e semplificazione della burocrazia, soprattutto. Dall'altro lato, però, il principale pezzo della logistica, l'autotrasporto, in Italia soffre di sovraffollamento di piccole e micro imprese che rende complicato fare innovazione. Bisogna risolvere i suoi vecchi problemi, prima e anche i nuovi che si sono presentati con la pandemia. L'"Agorà" Confetra ha messo al centro tutti questi temi ieri a Roma, nel corso dell'assemblea annuale della confederazione della logistica accreditata nel Cnel.

«Tra quattro mesi saremo pronti a ragionare sul software», afferma il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini. «Il PNRR - continua - deve lasciarci un paese in grado di garantire la resistenza agli shock. Non chiuderemo la partita entro il 2026, quando la progettazione dovrà concludersi. Il PNRR impone un cambio di mentalità: non si finanziano i progetti da scrivere ma solo quelli esistenti. Stiamo incontrando i governatori delle regioni per ragionare insieme. A questo proposito, i primi 4 miliardi nei prossimi anni, sulla base della legge di bilancio, sono una prima prova generale».

Vaccini e lavoratori immigrati
L'autotrasporto soffre di carenza di autisti, in tutto il mondo, per una serie di ragioni legate ai costi di ottenimento delle licenze e al tipo di lavoro, usurante. Ma non è l'unico problema. Ce ne sono altri tre citati dal presidente di Confetra, Guido Nicoli, due legati all'economia e un altro legato ai vaccini. Partendo da quest'ultimo, «in un comparto che, tra autotrasportatori, corrieri ed operatori di magazzino, conta circa il 15 per cento di immigrati, con realtà aziendali che arrivano al 40 per cento, abbiamo corso il rischio di falcidiare la forza lavoro interna, oltre che di bloccare rifornimenti ed approvvigionamenti di materie prime via gomma dall'estero». Per quale motivo? Perché molti lavoratori immigrati sono islamici e, seguendo gli orientamenti degli ulema, i teologi, hanno tenuto un atteggiamento prudente verso il vaccino nel rispetto dei derivati halal (permesso) o haram (proibito) presenti nei vaccini. Altri lavoratori ancora, soprattutto dall'Est Europa, hanno ricevuto vaccini non riconosciuti dall'EMA come Sinovax e Sputnik.

La questione del franco fabbrica
Per quanto riguarda i due fenomeni economici legati all'autotrasporto, Nicolini ha segnalato quello legato all'export franco fabbrica, che se mediamente in Europa è del 23 per cento in Italia è circa tre volte tanto, del 73 per cento. Tradotto, tantissime imprese produttrici in Italia esportano tramite le proprie filiere logistiche, fattore che influenza le commesse delle imprese nostrane. «Finché sarà prevalentemente il compratore estero a venirsi a prendere la merce – afferma Nicolini - la nostra logistica continuerà ad essere in posizione di sudditanza rispetto ai competitors stranieri che continuano a governare i flussi internazionali».

L'affollamento delle imprese di autotrasporto in Italia
In Italia ci sono tre volte il numero di imprese rispetto alla Germania - il Paese con il sistema di trasporto più efficiente d'Europa - ma con un quarto dei volumi movimentati. Questo significa che l'offerta di autotrasporto in Italia è frammentata e poco competitiva. Su 110 mila imprese operanti, l'85 per cento ha meno di 9 addetti e fatturati da micro o piccola impresa. «Con un tessuto imprenditoriale che ha questo profilo, la transizione digitale rischia di essere un miraggio», secondo Nicolini. Il rischio è che innova in blockchain, intelligenza artificiale, stampa 3D e 5G l'impresa che è ben posizionata sui mercati, con sedi all'estero, con tanti addetti e alti fatturati, mentre la piccola impresa, cioè la stragrande maggioranza dell'autotrasporto italiano, potrà fare ben poco.

In questo scenario, il PNRR potrebbe essere l'occasione per riformare quest'offerta frammentata italiana, magari tramite incentivi agli investimenti, sottolinea Nicolini, invece che tramite sussidi che fanno fare cassa ma non innovano.

Cosa è stato fatto finora per digitalizzare la logistica italiana? L'ultima azione importante è stato lo Sportello unico doganale, il SUDOCO, approvato in Consiglio dei ministri la settimana scorsa. Dall'altro lato, però, continano ad arrivare paletti. Come la determina dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie «che impone limiti al trasporto merci su ferro superiori a qualsiasi altro Paese europeo»; oppure la modifica del codice della strada «che punisce il trasporto eccezionale», sottolinea Nicolini. «Il salto digitale non è cambiare una macchina da scrivere con un computer, come si diceva negli anni Novanta, ma la digitalizzazione di tutti i processi», conclude Giovannini. «I soggetti d'impresa grandi guidano questi processi. In Italia abbiamo un problema di capitale umano, su cui dovremo ragionare insieme tramite le aggregazioni».

Ma, alla fine, il PNRR va nella giusta direzione? Sì, secondo Nicolini. «Ci abbiamo tanto lavorato con il ministero delle Infrastrutture, con la struttura tecnica di missione e con gli uffici preposti». Tutti interventi previsti dal cosiddetto "contest riforme della missione 3", «quella che riguarda il nostro mondo. E lo stesso fatto – conclude Nicolini - che circa il 25 per cento delle risorse tra PNRR e Fondo Complementare siano destinate al macro settore della mobilità, dei trasporti, della logistica ci fa capire quanto sia ormai matura la consapevolezza che attorno all'evoluzione di questo comparto si gioca forse il pezzo più decisivo del rilancio dell'economia del Paese».