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16 maggio 2024, Aggiornato alle 16,23
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Sportello unico doganale per rilanciare i traffici

Già nel 2003 venne evidenziata la crucialità del "momento doganale" per consentire la convergenza in un unico contesto di tutte le attività di controllo. Ma lo sportello doganale, per ora, risulta inattuato. Qualcosa si può, però, fare sopratutto per ristabilire un corretto flusso di traffici tra i vari Stati membri. Le proposte degli spedizionieri doganali riuniti a Napoli per un convegno sul ruolo del doganalista


Per le merci, entrare ed uscire dal territorio nazionale, in linea teorica, potrebbe comportare anche 16 controlli di dogana. Si va da quelli di natura tributaria, sanitaria, forestale, veterinaria, ma anche sul patrimonio culturale, delle telecomunicazioni, sul materiale d'armamento, sull'etichettatura di prodotti destinati a persone e, naturalmente, su stupefacenti, chimici e finanche su marchi e diritti di proprietà intellettuale.                  Alcuni prodotti sono soggetti anche a più controlli, spesso eseguiti in orari e con modalità diverse, intralciando il flusso regolare e provocando costi aggiuntivi. Ne consegue che il flusso delle merci registra irregolarità nei tempi di inoltro e consegna con conseguenze di scarsa competitività degli stessi carichi.

Nel 2003, l'autorità doganale (Agenzia delle Dogane), per andare incontro ai problemi di eccessiva segmentazione degli organismi di controllo che caratterizzano i porti nazionali, introdusse il sistema di "sportello unico doganale" che, istituito con legge 4 dicembre 2003 n. 350 (finanziaria 2004), mirava alla convergenza di tutte le attività di controllo sulle merci eseguite dagli organi competenti.

Lo sportello unico doganale, allo stato attuale, risulta un progetto inattuato perché manca il relativo schema di decreto. Queste problematiche sono state trattate nel corso del recente convegno, organizzato a Napoli dal Consiglio compartimentale degli spedizionieri doganali e dall'Assospena, in relazione alla rappresentanza in dogana e al ruolo del doganalista.

In effetti, qualche soluzione per avvicinarsi al momento unico doganale ci sarebbe. Lo sportello doganale previsto dalla legge finanziaria del 2004 in realtà disciplina due meccanismi, e precisamente quelli di: 

a) "one stop shop"

b) "single window"

Per one stop shop si intende il meccanismo di coordinamento dei controlli eseguiti sulle merci oggetto di interscambio internazionale, ai fini della loro convergenza in uno stesso momento e nello stesso luogo. 

Per single window si intende quel sistema che consente agli operatori di depositare informazioni e dati presso un unico organismo, al fine di adempiere a tutte le prescrizioni regolamentari connesse all'importazione od all'esportazione delle merci. 

I due meccanismi non è detto che debbano essere realizzati insieme. Una cosa infatti è certa: l'attuale immobilismo determina un'esposizione eccessiva dei nostri porti alla concorrenza degli altri scali dell'Unione europea, finendo con l'aggravare un gap anche dal punto di vista strutturale ed organizzativo che da tempo il nostro Paese ha accumulato rispetto ad altri Stati membri meglio organizzati.
Un gap, che nel corso del convegno sopra descritto, è stato "misurato" con alcuni dati che meglio rendono conto della situazione. 
Nell'Europa comunitaria vengono effettuate circa 170 milioni di bollette doganali, di queste oltre 13 milioni in Italia (di cui 11 milioni per via telematica). In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, ci sono oltre 4 milioni di imprese, private, pubbliche, associazioni ed organizzazioni, che garantiscono 19,5 milioni di posti di lavoro, dipendenti o autonomi. L'Agenzia delle dogane assorbe 10mila dipendenti.
L'Italia, come detto in apertura, è uno dei paesi a più alto livello di controllo, sia per singola transazione sia per livello di verifiche sulle merci.
In Germania sono state presentate 82 milioni di bollette doganali, mentre nella "piccola" Olanda le bollette sono state 62 milioni (quasi sei volte in più del nostro paese).
A questo punto la domanda sorge spontanea e viene corredata da altri dati: come mai in un paese ad alta densità di imprese come l'Italia, le dichiarazioni presentate sono numericamente inferiori rispetto a Germania, Olanda, ma anche Regno Unito e Spagna (in quest'ultimo Paese infatti sono state presentate nel 2008 oltre 17 milioni di dichiarazioni)?
Da questi dati si ricava una sola conclusione: esiste una fuga di traffici verso altri Paesi, altrimenti non si spiegherebbe come mai in Olanda, con meno di 800mila imprese vengono effettuate 62 milioni di dichiarazioni mentre in Italia con  4 milioni di imprese vengono depositate solo 13 milioni di dichiarazioni.
Non a caso i porti dell'Olanda vengono considerati la principale porta d'ingresso in Europa delle merci cinesi. Questa posizione verrà mantenuta nei prossimi anni anche per i forti investimenti che si stanno effettuando per ampliare le aree terminalistiche dei principali porti. Un rapporto intitolato "China and the Dutch Economy: Stylized Facts and Prospects" afferma che l'importazione delle merci cinesi ha addirittura consentito il calo dell'inflazione olandese e ha fatto dell'intero Paese una piattaforma logistica per il continente europeo, favorendo l'incremento dell'occupazione. Il calo dell'inflazione è dovuto al fatto che i prodotti cinesi a basso costo alimentano buona parte del mercato olandese.

Luciano Bosso