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Sicula Americana, storia di una società di navigazione

Francesco Pittaluga ripercorre le vicende relative alla compagnia impegnata sulle rotte transoceaniche tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento

Nave "San Guglielmo" - 1911 (Ph: Naviearmatori.net)

di Francesco Pittaluga - DL Notizie

Da non confondersi con la più recente "Sicula Oceanica" o "Siosa Line" degli Armatori Grimaldi, la "Società di Navigazione Sicula Americana" ci riporta alle attività di fine Ottocento dei Fratelli Giorgio e Guglielmo Peirce, discendenti di William Henry, commerciante inglese di vini naturalizzato siciliano e di Maria Celesti messinese, che nel 1890 si unirono con la ditta di spedizioni Ilardi di Messina e con Walter F. Becker, agente di alcune compagnie di navigazione francesi per costituire una prima società, la "Peirce-Becker-Ilardi", dimostrando una importante dinamicità imprenditoriale in campo marittimo che abbiamo già riscontrato in altre aree del nostro Mezzogiorno anche se oggi ciò risulti in parte dimenticato o, ancora peggio, misconosciuto. Le prime unità della nuova compagnia saranno tre piroscafi da carico di stazza compresa fra le 1200 e le 1800 tonnellate costruiti in Inghilterra circa un decennio prima e ribattezzati opportunamente Città di Messina (ex Glenfyne, Sunderland 1879), Sicilia (ex Bayard anch'esso varato a Sunderland, 1882) e Mongibello (già Beny, Whitehaven, 1882). Con essi venne avviato con successo il trasporto di prodotti vinicoli siciliani alla volta di New Orleans e altri porti del Golfo del Messico. 

Il 28 dicembre del 1892 il Città di Messina naufragherà presso Capo Spartivento e verrà sostituito nel 1894 da un'altra unità di 2500 tonnellate che ne riprenderà il nome, costruita sempre a Sunderland e prima nave nuova della compagnia, con la quale nel maggio del 1895 verrà inaugurato il trasporto passeggeri alla volta di New York. Negli anni immediatamente successivi la società investirà in unità più grandi di nuova costruzione di stazza compresa tra le 4 e le 5000 tonnellate: fra 1897 e 1903 avremo l'immissione in linea di Città di Palermo, ancora costruita in Inghilterra, delle nuove Sicilia), Mongibello e Dinnamare, tutte e tre ordinate ai Cantieri del Muggiano nel Golfo di La Spezia e del Sicania varato a Livorno nei Cantieri Orlando. Si trattava di piroscafi da carico con spartane sistemazioni per un piccolo gruppo di passeggeri e presentavano il tipico profilo delle navi miste dell'epoca con prora dritta, poppa a incrociatore, sovrastrutture 24 sviluppate fra cassero prodiero e poppiero, unico importante fumaiolo a centro nave, due alberi e cinque stive servite da 10 bighi di carico. Scafo grigio, sovrastrutture bianche e ciminiera nera ne caratterizzavano i semplici e tutto sommato austeri colori sociali. 

Alienate le prime unità entrate in servizio nel 1890, con questo nuovo nucleo di piroscafi la Peirce-Becker & Inardi si impose sulla linea del Golfo del Messico e degli scali statunitensi del Nord-Atlantico. Il suo piano di sviluppo venne completato con l'immissione in linea dell'Italia di circa 6400 tonnellate, varata a Palermo nel 1904, unica nave italiana a cinque alberi, che effettuò nel gennaio del 1905 la sua prima traversata da Messina a New York con a bordo ben 1854 passeggeri di stiva, vale a dire emigranti provenienti per lo più da Sicilia e Calabria che, grazie ai servizi offerti dalla compagnia, potevano finalmente partire per "le Americhe", come si diceva allora, usufruendo di servizi marittimi originanti dalla loro terra di provenienza senza doversi sobbarcare ulteriori trasferimenti nei porti di Napoli o Genova. Il che, in un'epoca di ancora scarsi collegamenti interregionali, non era fattore di poco conto. L'Italia sarà coinvolta in un'avaria che avrebbe potuto avere più serie conseguenze quando, nel dicembre del 1905, di ritorno da New York al comando del capitano Vittorio Martini perse l'elica a circa 200 miglia dalle Azzorre e rimase in balia delle onde finché dopo un paio di giorni venne presa a rimorchio dal piroscafo britannico Eton Hall che la trainò a Fayal dove i suoi passeggeri furono trasbordati sul Nord America de La Veloce. 

A parte questo episodio ed il precedente naufragio della Città di Messina già ricordato, non vi saranno altri incidenti degni di rilievo ma, nonostante le buone prospettive di traffico, a causa di contrasti interni il sodalizio fra Guglielmo Peirce, il fratello Giorgio e gli altri soci si sciolse nel 1906: quasi tutte le unità della flotta vennero trasferite da Walter F. Becker ad altre realtà armatoriali con cui egli si consorziò mentre i Peirce, con atto pubblico presso lo studio notarile Orioles-Pace, il 31 ottobre 1906 costituirono a Messina la 25 nuova società di navigazione "Sicula Americana" rivolta principalmente al trasporto degli emigranti, anche se manterranno in servizio ancora per qualche anno Mongibello, Sicania e Italia ma solo come unità da carico. Prime due navi passeggeri della nuova "Sicula Americana" saranno San Giorgio e San Giovanni, unità quasi gemelle stazzanti circa 6500 tonnellate, della lunghezza di 131 metri, costruite entrambe sempre a Sunderland nel 1907 ed entrate in linea per New York sia da Messina e Palermo che da Napoli alla fine di quello stesso anno. Capaci di sviluppare una velocità di 13 nodi che richiedeva tre settimane per effettuare una traversata completa, potevano trasportare una ventina di passeggeri in 12 cabine di prima classe (4 singole e 8 a due posti), 60 in seconda e oltre 1500 emigranti sistemati nei corridoi delle stive. La Prima Classe disponeva di due salottini sul Ponte di Passeggiata e di una piccola ma pretenziosa sala da pranzo adiacente a quella degli ufficiali sul Ponte Imbarcazioni; la seconda era sistemata sul cassero poppiero mentre per i passeggeri di terza la situazione di sovraffollamento era comune a quella che abbiamo già incontrato ricostruendo a suo tempo le vicende di altre compagnie impegnate in questo stesso tipo di traffico nel medesimo periodo. 

A parte ciò, San Giorgio e San Giovanni erano nel complesso navi abbastanza belle e ben proporzionate, dallo scafo basso ma relativamente slanciato con importante cassero prodiero, due alberi, due alte ciminiere a centro nave, sovrastrutture continue distribuite su cinque ponti e livrea decisamente più allegra e moderna di quella che abbiamo visto sulle unità precedenti: scafo bianco, linea verde al bagnasciuga e fumaioli gialli con banda rossa al centro cui faceva riscontro una bandiera sociale ugualmente gialla su cui spiccava lo scudo effigiante una croce bianca in campo rosso, comune a molte realtà e tradizioni storiche mediterranee in generale e siciliane in particolare. Le due gemelle ebbero un successo immediato e confermarono nei Fratelli Peirce la volontà di procedere a ulteriori investimenti. 26 Purtroppo il disastroso terremoto di Messina e Reggio Calabria del dicembre 1908 fra le tante tragedie causerà anche la morte violenta di Giorgio Peirce, travolto dal crollo dell'edificio che ospitava gli uffici della "Sicula Americana" e si affacciava sulla famosa "Palazzata" cittadina distrutta dal gigantesco tsunami conseguente al sisma stesso. Assieme a lui saranno ben dodici le vittime di casa Peirce: il nipote Giorgio Guglielmo, figlio ventiquattrenne di Guglielmo, le sorelle Maria Angela e Matilde poco più che quarantenni, i tre figli di Giorgio ancora adolescenti Giuseppe, Nicola e Carlo Alberto, due zie e tre cugini oltre ad altri lontani parenti e affini. Ciò per dare un'idea di come quell'immane catastrofe si stata devastante anche a livello familiare con i tanti lutti e le lacerazioni che portò con sé. Subito dopo, la sede della compagnia verrà provvisoriamente trasferita a Napoli e lì rimarrà praticamente fino allo scoppio del primo conflitto mondiale.

Per fortuna il traffico emigratorio proseguì sempre più attivo: paradossalmente il terremoto lascerà dietro di sé una lunga scia di lutti e distruzioni ma anche di persone costrette ad abbandonare le loro terre devastate dal sisma e che si uniranno al bacino di utenza che alimentava da sempre questo tipo di traffico. Per soddisfarlo appieno, la "Sicula Americana" ordinerà una terza nave passeggeri, simile nell'aspetto alle due precedenti ma più grande, la San Guglielmo di 8300 tonnellate, varata a Glasgow nel 1911 presso i cantieri Henderson. Consegnata il 12 ottobre di quell'anno, partirà per il viaggio inaugurale a New York il 1novembre successivo al comando del genovese Attilio Figari. A doppia elica, macchine a triplice espansione di 6000 cavalli alimentate a carbone, raggiungeva i 14 nodi di velocità e poteva trasportare 145 passeggeri di classe accomodati in cabina e più di 1850 emigranti nelle sistemazioni spartane che ormai conosciamo. In quegli anni lo sviluppo dei traffici della "Sicula Americana" non subirà rallentamenti dovuti ad eventuali requisizioni per la 27 guerra italo-turca come avverrà invece per altre realtà armatoriali italiane: affermatasi nei traffici del Nord Atlantico con 15 viaggi nel 1911 trasportando circa duecento passeggeri di classe e più di diecimila emigranti, la società estese i propri servizi al BrasilePlata con la partenza del San Giovanni da Genova, Napoli e Palermo il 4 ottobre 1912, mentre nel 1913 gli emigranti trasportati a New York saranno ben trentamila in 17 viaggi e quasi 8000 saranno quelli con destinazione Brasile e Argentina in 7 traversate. 

Con questi importanti numeri raggiunti con tre sole unità passeggeri e assorbendo da sola più di un quarto di tutto il traffico emigratorio originante dal Sud della Penisola, la compagnia divenne praticamente il solo gruppo armatoriale indipendente capace di dare filo da torcere, assieme al "Lloyd Sabaudo", alla "Navigazione Generale Italiana" e sue consociate: la "N.G.I." non resterà indifferente e metterà in atto tutte le sue strategie per eliminare questo pericoloso e fastidioso concorrente che, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, vedeva alla sua presidenza l'ormai anziano ma sempre energico commendatore Guglielmo Peirce coadiuvato dal direttore generale commendatore Desiderio Pigafetta e dai consiglieri di amministrazione cavalieri Luigi Sofio e Herbert Harris. Poco prima dell'entrata in guerra dell'Italia, e precisamente il 30 marzo 1915, in vista di futuri nuovi investimenti il capitale sociale della "Sicula Americana" verrà aumentato da due milioni e cinquecentomila a dieci milioni di lire dell'epoca interamente versato (cifra pari a circa 20 milioni di euro di oggi). L'occasione per la "N.G.I:" di sferrare il suo attacco arriverà a seguito dell'intervento bellico dell'Italia e il conseguente calo temporaneo del traffico emigratorio transoceanico: la società dei Peirce si troverà per la prima volta nella sua storia in condizioni finanziarie precarie e sarà praticamente obbligata a sottoscrivere il 19 agosto 1917 a Napoli, con rogito del notaio Enrico Marino, la creazione di una nuova società costituita dalle sue navi con 28 l'apporto di altre unità provenienti da alcune compagnie minori peraltro già controllate dalla "Navigazione Generale Italiana". 

Si darà vita in tale modo alla "Transoceanica di Navigazione" che inizierà le sue operazioni coi tre transatlantici San Giorgio, San Giovanni e San Guglielmo già della "Sicula Americana", alcune navi miste minori e i due nuovi grossi cargo di 12000 tonnellate di stazza Milazzo e Volturno, costruiti al Muggiano nel 1916 riutilizzando le macchine recuperate dallo scafo della Principessa Jolanda del Lloyd Italiano, capovoltasi durante il varo a Riva Trigoso nel 1907 e già ricordata a suo tempo in questa rassegna. Nell'ambito di tale operazione mirante a consolidare gli interessi della "N.G.I." e che abbiamo riassunto nei suoi capi essenziali perché in realtà fu piuttosto laboriosa, articolata e complicata, la famiglia dei Peirce riebbe in gestione diretta alcune navi da carico che abbiamo già preso in esame ai tempi della "Peirce-Becker & Ilardi" divenuta ora più semplicemente "Peirce Bros". Fra queste le veterane Italia e Sicania, unità non più competitive ma che assicuravano al gruppo una parvenza di mantenuta autonomia che si concretizzerà nel novembre del 1917 in quello che sarà il "canto del cigno" della "Sicula Americana", quando entrerà a fare parte della flotta della "Transoceanica" il transatlantico San Gennaro di più di 10000 tonnellate, che sarà la più grande nave passeggeri italiana prima dell'arrivo dei primi due "Conti" del "Lloyd Sabaudo" e di Duilio e Giulio Cesare di "N.G.I." all'inizio degli anni Venti. 

Varato in Gran Bretagna a Hebburn-on-Tyne il 21 ottobre 1915, a causa dello stato di guerra sarà consegnato a Jarrow nell'ottobre del '17 per essere trasferito al termine delle ostilità a Baia dove verrà ultimato come nave passeggeri nel 1920. Dalla tipica silhouette delle navi britanniche dell'epoca, ricordava nelle linee esterne quelle coeve di "P&O" e "Orient Line" in servizio per l'Australia: casseri prodiero e poppiero pronunciati, due alberi, prora dritta e poppa a clipper, due alte ciminiere a 29 centro-nave e sovrastrutture continue dotate di un ampio ponte di passeggiata coperta. Poteva trasportare più di mille passeggeri suddivisi in quattro classi poi portate a tre: ad una prima piuttosto pretenziosa alloggiata a centro-prua facevano riscontro le classi inferiori il cui standard qualitativo era più semplice ma senz'altro più confortevole di quanto realizzato sul naviglio passeggeri precedente. Particolarmente apprezzati dai passeggeri dell'epoca gli arredi interni, affidati alla famosa Ditta Ducrot di Palermo protagonista di tanti importanti arredi navali del tempo, a volte più riusciti e altre meno. Il 3 marzo 1918 morirà a Napoli Guglielmo Peirce mentre parecchie unità della "Transoceanica" si perderanno nel turbine del conflitto: fra queste il Milazzo, silurato e colato a picco al largo di Malta il 29 agosto 1917; il Napoli affondato in Atlantico il 4 luglio 1918 e, perdita ancora più importante, il San Guglielmo cannonato e mandato a fondo dal sommergibile germanico "UB-63" il 5 febbraio 1918 lungo la costa ligure di ponente all'altezza di Loano mentre era in convoglio sotto la protezione del cacciatorpediniere Bersagliere

Oggi il suo relitto giace a 800 metri di distanza dalla costa, a 25-30 metri di profondità su di un fondale fangoso ed è méta di immersioni subacquee di media difficoltà anche se gran parte del materiale riutilizzabile è stato recuperato nel corso degli Anni Venti dalla famosa nave "Artiglio" specializzata in questo tipo di operazioni. Alla fine delle ostilità la "Transoceanica" vivacchierà nell'ombra della "N.G.I." finché le restrizioni all'immigrazione imposte dal governo di Washington nel primo dopoguerra indurranno la società-madre ad affrettare il processo di assorbimento che si concluderà con la liquidazione nel corso dell'assemblea straordinaria del 20 agosto 1921. La sua flotta di 11 navi, ivi comprese le tre unità passeggeri già della "Sicula Americana" andranno vendute a terzi o, come nel caso del "Sicania", avviate alla demolizione. Le più recenti e 30 prestigiose saranno invece riassegnate nei ranghi di "N.G.I.": San Giorgio ribattezzata Napoli; San Giovanni chiamata Palermo e San Gennaro con la nuova denominazione di Colombo. La prima resterà in linea Centro America-Sud Pacifico fino alla demolizione avvenuta nel 1926; la seconda in quella australiana fino alla radiazione del 1928, nell'ambito del programma di svecchiamento della flotta a seguito del disastro del Principessa Mafalda nell'ottobre del '27. La Colombo invece, opportunamente rimodernata e migliorata nella ricezione passeggeri a più riprese, sarà impiegata fra Genova e Valparaiso in tandem con Orazio e Virgilio fino al 1937. Mantenendo il nome del grande navigatore genovese passerà poi al "Lloyd Triestino" che la impiegherà nei collegamenti verso l'Africa Orientale Italiana per concludere la sua lunga carriera sui mari l'8 aprile 1941 quando verrà autoaffondata dal suo equipaggio per non farla cadere in mani nemiche nello specchio acqueo del porto di Massaua dove verrà recuperata e demolita dagli inglesi nel 1949. 

Dopo la morte di Guglielmo Peirce, il figlio Giorgio che portava il nome dello zio vittima come abbiamo visto del terremoto di Messina, cercherà di perpetuare la vecchia impresa di famiglia ricostituendo all'inizio degli anni Venti una nuova e seppure ridimensionata "Sicula Americana" affiancandosi nel consiglio di amministrazione il fratello cav. Giovanni, il comm. Samuele Varvesi, il cav. Federico Argurio e il dr. Giuseppe De Martino. Vennero quindi acquistati sul mercato dell'usato alcuni vapori da carico di stazza compresa fra le 3 e le 5000 tonnellate: il Mongibello, il Matilde Peirce e il Città di Messina). A questi si aggiunse il Giulia Peirce di 2770 tonnellate di stazza e 4250 di portata lorda, varato a Napoli nel 1920: con queste unità si poté dare avvio ad un discreto traffico commerciale di lungo corso in regime di navigazione libera. Più importante l'acquisto fra 1920 e 1921 del piroscafo misto tedesco di 8500 tonnellate Corcovado costruito a Kiel nel 1907 31 per la "Hamburg Amerika Linie" che, opportunamente ribattezzato Guglielmo Peirce, dopo un primo viaggio al Plata, dal 1921 sarà adibito alla linea di New York per il trasporto di merci e passeggeri. Si trattava di una bella nave ad una ciminiera con confortevoli sistemazioni per più di 900 passeggeri di prima, seconda e terza classe: questi ultimi erano sempre alloggiati in cameroni ma avevano finalmente a disposizione alcuni locali sociali che rendevano più confortevole la loro permanenza a bordo. 

Sfortunatamente, due incidenti privarono presto la rinata "Sicula Americana" di altrettante unità: Matilde Peirce naufragata in Atlantico per maltempo nel dicembre del 1922 e Mongibello che subirà la stessa sorte nell'ottobre del 1923. Una nuova contrazione nel traffico passeggeri, la crisi dei noli del 1923-'24 e l'immissione in linea da parte della concorrenza di unità senz'altro più moderne e competitive costrinse Giorgio Peirce a vendere il "Città di Messina" ad armatori greci e a noleggiare ai Cosulich di Trieste il Guglielmo Peirce, che effettuò il suo quattordicesimo e ultimo viaggio da Napoli a New York per conto dei Peirce nel novembre del 1923. Verrà acquistato in un secondo tempo dal "Lloyd Sabaudo" che lo ribattezzerà Maria Cristina e finirà i suoi giorni in Portogallo come Mouzinho della "Companhia Colonial de Navegaçao" di Lisbona, impiegato nei collegamenti verso Angola e Mozambico e in alcuni viaggi alla volta di New York. Sopravviverà al secondo conflitto mondiale e opererà fino ai primi Anni Cinquanta per passare alla demolizione a Savona nel 1954 dopo ben quarantasette anni di attività. A seguito di un lungo periodo di disarmo la Giulia Peirce, ultima nave rimasta in forza alla compagnia, dopo essere stata noleggiata ad Achille Lauro, verrà infine venduta al grande armatore partenopeo che la ribattezzerà Taide e la società, travolta da un mare di debiti e nell'impossibilità di effettuare nuovi investimenti, verrà definitivamente liquidata nel dicembre del 1926, non prima di avere venduto allo stesso Achille Lauro anche la prestigiosa "Villa Peirce" a Posillipo, poi diventata "Villa Lauro". Per inciso, a bordo del Taide già Giulia Peirce navigherà il Comandante Vincenzo Muro di Procida che, col beneficio del dubbio di una eventuale omonimia, mi risulta avere sposato una mia prozia, Lina Bazurro figlia di Teresa Pittaluga e del giornalista del Corriere Mercantile Sebastiano Bazurro da cui tre figli fra i quali il Comandante Lucio che seguirà le orme paterne. 

Sempre nei ranghi della "Flotta Lauro" la nave vedrà fra i suoi membri d'equipaggio anche il direttore di macchina Nicola Costagliola, allora Secondo Macchinista e padre dell'amico Comandante Tobia che tutti conosciamo e apprezziamo anche grazie ai suoi preziosi articoli pubblicati su DL Notizie. Tornando al soggetto di questo capitolo, le vicende operative della "Sicula Americana" si conclusero quasi in sordina: ormai nuovi gruppi armatoriali moderni e aggressivi, dotati di unità più grandi e competitive stavano prendendo piede. Di lì a poco avremo le grandi concentrazioni degli anni Trenta con cui si concluderà la fase pionieristica dei collegamenti marittimi passeggeri italiani che hanno visto avvicendarsi vari protagonisti, oggi in parte dimenticati ma importanti nella prima fase di sviluppo e affermazione delle nostre flotte. Fra di essi la Compagnia di origine messinese dei Fratelli Peirce ed i suoi bastimenti che per più di due decenni hanno trasportato tanti dei nostri emigranti contribuendo a rendere grande il nome dell'Italia nei Paesi delle Americhe, a favorire lo sviluppo di nuove nazioni e di economie lontane geograficamente da noi ma vicine per affinità di popolazione e comunità di intenti e di conseguenza all'affermazione della nostra Marina Mercantile nel mondo. E proprio per questi motivi è giusto oggi ricordarla. 
 

Tag: storia - navi