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02 maggio 2024, Aggiornato alle 12,09
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Servizi tecnico-nautici, Confitarma frena sulle liberalizzazioni

Per d'Amico devono restare in mano al ministero dei Trasporti. "Non si faccia la fine del servizio rifiuti delle navi". E sulle tasse portuali un "aumento sproporzionato al costo della vita"


I servizi tecnico nautici devono restare sotto il controllo del ministero dei Trasporti. A dirlo il presidente Confitarma Paolo d'Amico intervenendo al convegno organizzato dal PD a Roma La forza del mare, idee di governo per l'economia del mare
Sulle liberalizzazioni «occorre cautela» afferma d'Amico, «per evitare che la loro applicazione possa determinare soluzioni economico-organizzative contrarie agli interessi dell'utenza». La preoccupazione risiede non tanto nella moltiplicazione delle compagnie, di per sé un bene, quanto in un'incontrollata moltiplicazione superflua dei servizi, a discapito della qualità e dei prezzi. Per Confitarma un precedente negativo del genere a cui guardare è il servizio ritiro rifiuti delle navi, «che ha dato luogo a una proliferazione di discipline diverse da porto a porto creando un deleterio clima di inaffidabilità tra gli operatori e soprattutto dando luogo a rincari tariffari del tutto ingiustificati e discriminatori. E' bene ricordare che i servizi resi alla nave non sono pagati dalle Autorità portuali ma dalle compagnie di navigazione. Questo è un dato di fatto incontrovertibile».
D'Amico è poi passato ad analizzare il recente rincaro delle tasse portuali, aumentate del 30% quest'anno a partire dal 6 gennaio, più un altro 15% dal primo gennaio 2014. Tante sono state le proteste dalle banchine, non tanto per l'aumento quanto per l'impennata improvvisa senza progressione, cosa che spingerà gli armatori ad andare verso banchine più economiche. Per d'Amico la misura e del tutto ingiustificata, e a pagarne le conseguenze maggiori sarà il cabotaggio. «Aumenti di tale portata – spiega - garantiscono un maggior gettito alle Autorità portuali di circa 65 milioni annui dal 2013 e di ulteriori 33 milioni dal 2014, ma impongono sul traffico marittimo e sulle merci imbarcate e sbarcate un pesante fardello che oltre a ridurre ulteriormente il livello di competitività dei nostri porti con il dirottamento dei traffici verso scali esteri, colpisce in particolare le compagnie operanti nel cabotaggio tra porti nazionali». Per d'Amico il rincaro non rispecchia di fatto il costo della vita. Per esempio, la tassa di ancoraggio, spiega d'Amico, è aumentata negli ultimi vent'anni del 130%, parallelamente all'aumento della stazza media delle navi. Invece «la tassa portuale, che si calcola sulle tonnellate di merce imbarcata e sbarcata nei porti italiani, ha subito un incremento di circa il 29%. Se si considera che l'indice del costo della vita è aumento del 54,36%, risulta evidente come l'adeguamento delle due tasse sia del tutto ingiustificato dato che il loro gettito, nello stesso periodo, si è di fatto più che adeguato».