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16 maggio 2024, Aggiornato alle 16,23
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Armatori

Tasse portuali, bella gatta da pelare

Aumento dovuto, ma che arriva senza progressione. Dall'anno prossimo una nave da 8mila teu dovrà pagare più di centomila euro


di Paolo Bosso 
 
Con il nuovo anno le tasse portuali italiane aumentano di colpo e gli operatori della penisola si ritrovano ora con una bella gatta da pelare. Dal 6 gennaio 2012 l'aumento è stato del 30%, nel 2014 si aggiungerà un altro 15% per arrivare nel giro di un anno ad un aumento complessivo del 45%. La prima misura legislativa di adeguamento, come spiega Alberto Ghiara, risale alla Finanziaria 2007 (D.L 296/2006), seguita dal dpr 107/2007. Poi norme successive hanno rimandato l'entrata in vigore fino al decreto Milleproroghe 2011 che ha stralciato il dpr. Infine il 6 gennaio è scattato questo primo aumento del 30%.
Un adeguamento dovuto in primo luogo all'inflazione, quindi necessario, ma la perplessità espressa dal mondo portuale italiano risiede nella mancanza di progressione. Proprio perché il ritocco al rialzo è dovuto all'inflazione, sarebbe dovuto essere graduale, come in genere si fa in questi casi, magari iniziando tre, quattro anni fa con un 5, 10%, per arrivare al 2014 alla soglia del 45%. Invece boom, tutto nel giro di un anno. Perché? Luigi Merlo, presidente Assoporti e dell'Authority di Genova, sintetizza bene le ragioni alla base di questo aumento improvviso: «E' il classico esempio di come il settore marittimo portuale italiano sia stato trascurato e come l'assenza di autonomia finanziaria dei porti si stia rivelando un disastro». In altre parole: l'Italia non ha un piano per i porti. Così ogni tanto il governo si ricorda di loro, si ricorda che l'ultimo adeguamento fiscale sull'inflazione risale al 1993 (!) e così aumenta tutto all'improvviso. Michele Pappalardo, presidente Federagenti, è preoccupato come tutti del rischio che gli armatori si spaventino: «E' indubbio – spiega - che in un periodo di magra come quello attuale queste tasse diventano i maggiori se non unici introiti delle Autorità portuali», «ma si corre il serio rischio di vedere vanificato il beneficio immediato per una possibile, se non certa, riduzione del traffico come accaduto con la tassa di stazionamento per la nautica».
La preoccupazione degli agenti marittimi e di tutti gli operatori dei porti non è quindi l'aumento delle tasse in sé, perché di norma - se fatto in progressione appunto – porta più introiti, ma piuttosto il rischio che gli armatori possano scegliere altre banchine. Per esempio, come spiega Confetra, una nave da 8mila teu di 100mila tonnellate di stazza lorda dovrà pagare da oggi 93mila euro invece di 72mila, e 104mila dal 2014. Un'enormità. «Come al solito – aggiunge Pappalardo - non si è tenuto in alcun conto che lo shipping lavora con particolari tempi di programmazione ed andare ora a spiegare ai nostri armatori che le previsioni di spesa fatte da tempo non sono più valide non è cosa semplice».