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28 marzo 2024, Aggiornato alle 14,00
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Infrastrutture - Logistica

Porti campani, il "fuoco amico" della burocrazia blocca lo sviluppo

Interpellanze parlamentari. Bonifiche che bloccano opere fondamentali. È l'inferno pubblico delle autorizzazioni e delle rendite di posizione. Spirito: "Nonostante tutto, il porto cresce da due anni e mezzo"

La zona orientale di Napoli

di Paolo Bosso

«Da due anni e mezzo il porto cresce. Ma quando le cose vanno bene non se ne parla». È un Pietro Spirito amareggiato quello che risponde alle domande degli operatori del porto di Napoli – una specie di conferenza stampa durata oltre un'ora e mezza – nel corso di un evento del Propeller Club partenopeo tenutosi lunedì nel capoluogo campano al Polo dello Shipping.

Non c'è l'ha con gli operatori, «da cui ho ricevuto la massima coesione», ma con la macchina pubblica. La trafila eterna delle bonifiche, le analisi costi-benefici, le autorizzazioni. Il "fuoco amico", in sostanza, della burocrazia verso l'Autorità di sistema portuale del Tirreno centrale, di cui è presidente. «Ho risposto - spiega - a cinque interpellanze parlamentari sul molo Beverello. E nonostante il progetto per la nuova stazione marittima (il cui cantiere partirà nelle prossime settimane, ndr) ha superato l'analisi costi-benefici, alcuni esponenti del governo hanno sostenuto che non è la priorità. Non è la priorità rendere decoroso il posto da cui arrivano e partono ogni anno 3,5 milioni di passeggeri».

La pubblica amministrazione a volte funziona anche così: perimetra e deperimetra i Siti di interesse nazionale, bonifica e non bonifica. Nomina commissari e i manager pubblici sono poi indagati dalla magistratura, com'è successo a Bagnoli. Col risultato di bloccare lo sviluppo di un porto, di una città. In alcuni casi, portando alla perdita di migliaia di posti di lavoro. È una vecchia questione.

Quest'anno i crocieristi a Napoli dovrebbero raggiungere gli 1,38 milioni di unità. Supereranno il milione e mezzo l'anno prossimo, un record. A Napoli crescono anche i container, a Salerno i rotabili. Il traffico, insomma, è in salute. Ma i lavori da fare non finiscono mai. Un nuovo terminal container da realizzare, antichi palazzi da restaurare, nuove stazioni marittime da costruire. «Non esiste il mantenimento in un porto commerciale, o si cresce o si declina», sentenzia Spirito.

Beverello, dragaggi, restauro dell'Immacolatella Vecchia e delle strade interne. Museo del mare, cold ironing, completamento della Darsena di Levante, sistema fognario e infine diga foranea. In mezzo la modifica del Piano regolatore portuale, risalente al 1958. «In realtà quel piano è molto buono - precisa Spirito - nel senso che lascia molto spazio alla progettazione, cosa fondamentale per un porto che richiede infrastrutture più dinamiche di una città. Quarant'anni, la durata tipica di un piano regolatore comunale, sono tantissimi per un porto». È il puzzle di quello che una volta rientrava nel "Grande progetto" europeo da centinaia di milioni redatto nel 2012, poi diviso in più tronconi e rifinanziato negli anni successivi. È impossibile prevedere cosa e come sarà realizzato questo elenco, considerando le «forche caudine» dei ricorsi temerari, «le bonifiche in mente dei» - come ha apostrofato Spirito le analisi propedeutiche ai dragaggi -, in un Paese che mediamente completa le grandi opere in undici anni. Comunque sia, l'Ue ha messo a disposizione 111 milioni.

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Intanto dal 25 settembre è attivo il credito d'imposta per le aziende che vogliono insediarsi nella Zona economica speciale, il cui import-export passa per il porto. «Il modulo di richiesta è attivo. Al momento non sono pervenute richieste», riferisce Spirito.

Dragaggi
L'escavo dei fondali è quasi ultimato e quando la certificazione formale dei 14,5 metri di pescaggio arriverà il porto potrà ospitare navi di stazza medio-grande. Secondo Spirito, il "bollino" richiederà però un'azione di pressione della comunità portuale verso gli enti che devono emetterlo se si vuole ottenerlo in tempi brevi. «Il terminal container riceve già portacontainer da 9 mila teu, è una leggenda metropolitana che non si vada oltre le 5 mila, e considerando che Napoli non è un porto hub ma un porto regionale, non abbiamo neanche bisogno di ospitare navi da 20 mila teu», spiega Spirito.

Darsena di Levante
La realizzazione del nuovo terminal container richiederà per lo meno altri cinque anni, in un mondo ideale dove la trafila delle autorizzazioni fili liscia come l'olio. «La colmata è stata ultimata – spiega Spirito -, bisognerà aspettare altri tre anni per completare l'assestamento della banchina, più altri due per dare il tempo all'operatore di installare i macchinari». Ma c'è un altro ma. Il terminal che si sta realizzando al confine orientale del porto di Napoli, così com'è, «non rispecchia – precisa Spirito - gli standard europei di un terminal competitivo. La banchina è di 640 metri, quando dovrebbe estendersi quasi per il doppio della lunghezza, per lo meno per 1,2 chilometri».

Immacolatella vecchia
«Nei primi mesi dell'anno il palazzo del Vaccaro sarà riconsegnato alla città», annuncia Spirito. L'edificio storico del XVIII secolo, luogo di partenza per milioni di italiani nei primi decenni del Novecento, è in corso di restauro al costo di circa 3,5 milioni di euro e ospiterà in futuro reperti archeologici del parco subacqueo del porto.

Piano regolatore portuale
Un anno e mezzo fa l'Autorità di sistema portuale della Campania ha redatto un primo master plan, «che non ha ancora ricevuto risposta dagli enti locali», spiega Spirito. «Entro l'anno - continua - formalizzeremo il Documento di Pianificazione Strategica di Sistema dei porti (DPSS), a quel punto l'interlocuzione sarà obbligatoria».

Museo del mare
Il progetto per realizzare un museo del mare e della migrazione nel gigantesco palazzo degli ex Magazzini Generali (una robusta struttura da decine di migliaia di metri quadri, protetta dalla sovrintendenza, da milioni di euro di restauro) è stato fatto, i gestori sono stati più o meno individuati ma mancano i soldi. «Per Genova è stato determinante l'impegno bancario. Finché non scatterà qualcosa del genere anche a Napoli, difficile che si andrà avanti», spiega Spirito. Il prossimo rifinanziamento utile potrebbe essere la programmazione Ue 2021-2027. «O il museo del mare diventa un progetto di città oppure non si va da nessuna parte», sostiene Spirito.

Cold ironing
Come in tutti gli altri porti del mondo, il problema dell'alimentazione elettrica delle navi ormeggiate in porto (che possono spegnere così i motori di bordo e non inquinare l'aria della città) risiede nei costi dell'energia. «Si passa da 50 a 60 Hertz di frequenza e tra il giorno e la notte la tariffa cambia parecchio. Di notte si alimentano i traghetti delle lunghe percorrenze, di giorno le unità di cabotaggio», e ci vorrebbe uniformità di costi altrimenti il sistema non è gestibile. «Il protocollo Enel-Caremar è un inizio ma bisogna riformulare le tariffe altrimenti i costi sono insostenibili. Dovrebbe intervenire l'Autorità di regolamentazione dell'energia e incentivare gli armatori, magari permettendo alla stessa Autorità di sistema portuale di erogare "ecobonus" dedicati».

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