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Armatori - Cultura

Meta di Sorrento, aneddoti e ricordi alla Casina del Capitano

Riuniti almeno cento tra comandanti e direttori di macchina nella sede dell'antica istituzione di mutuo soccorso


di Silvestro Sannino - DL News

Non capita tutti i giorni di partecipare ad un pranzo in cui vi siano almeno cento tra comandanti e direttori di macchina. Un'occasione in cui affiorano aneddoti e ricordi che attraversano decenni di vita vissuta a mare e per il mare. La Casina dei Capitani di Meta di Sorrento, un'istituzione di mutuo soccorso di antica data, ha invitato gli iscritti ed alcuni amici al tradizionale pranzo sociale in un tipico ristorante-trattoria di Sorrento, sabato primo febbraio scorso. L'evento ha visto anche le consegne tra il past president, Com.te Mario Cafiero, ed il nuovo, Com.te Pietrantonio Cafiero: da Cafiero a Cafiero. Un altro Cafiero, Martino, fu docente e preside (‘67/73) del nautico di Piano e volò per le vie dei cieli nel primo giorno di pensione.

I due presidenti, past and present, visibilmente commossi, si sono scambiati segnali di stima reciproci, come da prassi diffusa in casi del genere, con toni vibranti e convinti. Sono state enumerate molte cose concrete, fatte e da fare, infarcite qua e là di frecciatine ironiche e tuttavia ben intonate. Ma si vedeva in modo chiaro che l'intima tensione etica sugli impegni realizzati o promessi era ben più profonda, più consistente delle parole pronunciate: piene, zeppe di contenuti ma scarne nello stile e sintetiche nella forma. Si, perché un Com.te ha in genere raggiunto una "forma mentis" di tipo sintetico: poco analitica, e priva di fronzoli. Peraltro l'iter culturale della carriera dell'uomo di mare non prevede esercizi di retorica e/o di eloquenza. 

Quella retorica, quella eloquenza che in altre categorie sono molto presenti, più radicate, ma che spesso si riducono a forme di sillogismi vuoti o privi di senso logico, a tautologie che fanno allungare i discorsi "senza dire niente", a parafrasi inconcludenti, a proposizioni dalla struttura lessicale ambigua che vogliono significare tutto ed il contrario di tutto (ogni riferimento a noti politici e persone pubbliche invadenti è puramente casuale!). No, l'uomo di mare è concreto, deve essere concreto, e quindi è filosofo; ed anche quando il suo eloquiare sgorga fluido e veloce, dice le cose in modo aperto, chiamandole per nome, come ad esempio faceva il Com.te Giuseppe Coppola, anche se magari questo stile schietto, sano, specialmente nei rapporti con i politici, non tornava sempre al suo "particulare", di guicciardiniana memoria. 

Particolare attenzione nelle attività della casina dei Capitani è stata dedicata al dialogo, al rapporto con i giovani. Al riguardo appaiono interessanti gli incontri del venerdì istituiti per discutere tematiche attinenti al mare, aperti anche alla comunità civile. Un giovane che intraprenda gli studi nautici si pone, e si deve porre, quesiti, domande, dubbi circa le proprie attitudini, la realtà di un ambiente speciale. È necessario un riferimento, uno specchio in cui il giovane possa vedersi e rivedersi, in prospettiva delle proprie aspirazioni, delle proprie ansie e verificare i propri effettivi interessi, spogliati di ogni suggestione fuorviante o illusoria. Un confronto aperto, diretto, con persone di lunga esperienza rappresenta il miglior modo di orientarsi, di trovare la propria via alla vita, nella frenetica, convulsa dinamica dei tempi che viviamo.

L'attività, la figura del capitano vengono da lontano, molto lontano (il macchinista è recente e, di fatto, integra la prima figura). L'antico "kubernete" risulta, per Platone, un esempio di metodo per i politici, assieme al medico, per operare e governare con efficienza ed efficacia. E l'etimo servirà a Jean Marie Ampère ed a Norbert Wiener per coniare il termine Cibernetica che è la scienza delle scienze più moderne. A Roma il "magister navis" deve essere inteso, secondo il grande giureconsulto dell'età classica Ulpiano, come "colui al quale è affidata l'intera cura della nave". Se "magister navis" e "gubernator navis" siano la stessa figura o meno è stata materia di profondi studi sul piano letterario e giuridico, oltre che tecnico; si ricorda solo il grave impegno di Cesare Maria Moschetti sul gubernator navis, sfiorito per le argute chiose dell'eminente romanista Antonio Guarino. Nel medio evo emergono le figure del "nauclero" (capitano e armatore nel Nomos Rhodion Nauticos), del "piloto", del "patronus" e del "nocchiero" con competenze di guida della nave. Ma compare anche la figura del "Capitaneus", come capo di un gruppo di navi, le "mude", organizzate per difendersi dai pirati e dai saraceni. Nei mari nordici troviamo lo "scipper" o "skipper" mentre il "locman" è esperto di acque locali. Nell'oceano indico-arabo guida la nave in altura il "mu'allim" di Amhad Ibn Majid;  nei mari più orientali troviamo il "nahoda" malese, il "huozhang" nei mari cinesi fino al "faatere" delle isole Tahiti, segnalato dai navigatori Andya y Varela e James Cook.

PER UN'EDUCAZIONE DEI GIOVANI ALLA CULTURA MARINARA

L'iniziativa della Casina dei Capitani, che conta oltre 250 soci, di stabilire un contatto sistematico con i giovani interessati alle attività del mare è in sintonia con la migliore tradizione della penisola Sorrentina, la quale ha generato il maggior numero di ufficiali di marina mercantile italiana fin dalle origini più remote. La sua importanza sul piano culturale, sociale ed economico è stata, ed è, di inestimabile valore: si sono avuti sempre benefici enormi per la comunità, a costi quasi nulli per lo Stato. 

Una formazione culturale e professionale del capitano di elevato livello si rivelò pressante già all'epoca delle Grandi Scoperte Geografiche. I re Cattolici, Isabella e Fernando, su suggerimento di Juan Rodriguez de Fonseca, uno dei più grandi statisti di ogni tempo, istituirono a Siviglia la Casa de Contractacion per la cura degli affari marittimi ed economici; al suo interno nel 1508 re Fernando volle creare la figura del "pilota mayor" per esaminare i piloti con rito solenne. Il primo pilota mayor fu Amerigo Vespucci, per la sua preparazione teorica e la sua esperienza di navigazione. Anche il matematico portoghese Pero Nounes denunciò a più riprese l'esigenza di un'adeguata formazione nautica per i piloti. I viaggi transoceanici richiedevano perizia e doti umane per evitare dolorose perdite, come doveva annotare più tardi Bernardo Gomes de Brito nella sua "Historia Tragico-Maritima". 

Autori del calibro di Pedro de Medina, di Alonso de Santa Cruz, di Martin Cortes, di Rodrigo Zamorano, etc. scrissero pregevoli libri di navigazione, alcuni tradotti anche in inglese. Il capitano ha competenze tecniche, ma anche economiche. Il bene nave ed il suo carico viene affidato alla sua perizia e quando la nave lascia la banchina cessa ogni contatto con l'armatore. L'Ordinanza di Colbert sulla Marina del 1681 definisce compiti e doveri del Capitano che non trovano riscontro in alcuna altra figura professionale, in un'epoca in cui "il tridente di Nettuno è lo scettro del mondo"; e per la loro attuazione egli deve avere ampi poteri, sintetizzati nell'aforisma che a bordo il capitano è "le seul maitre aprés Dieu" o, in inglese, "the master under God".

L'arte nautica era un patrimonio che si acquisiva con conoscenze ed esperienza ma si tramandava solo con l'esempio diretto per cui l'Enciclopedia Britannica, nella sua terza edizione del 1797, doveva annotare: " È un vero peccato che un'arte così importante e difficile, legata a tante leggi della natura … debba essere così gelosamente conservata dai possessori da non poter essere perfezionata bensì da essere destinata a perire con i singoli individui …" Ed a riprova di ciò vi è la psicologia del lavoro che ha sempre trovato difficoltà a studiare l'attività mentale del navigatore, per mancanza di elementi di osservazione diretta; neanche i simulatori più evoluti sono in grado di costruire le situazioni più varie in cui opera il capitano. Un contatto, un dialogo sistematico dei giovani con naviganti esperti può servire a superare alcuni di quei limiti di ordine psicologico e abituare a riflettere sulle operazioni mentali che fa chi naviga nel suo ambiente naturale che è quello di bordo, "on the job". Si tratta di una delicata operazione di majeutica che può creare i presupposti per processi di autovalutazione sul piano culturale, psicologico e professionale.  

LA DIMENSIONE SCIENTIFICA, PRATICA E RELIGIOSA DEL CAPITANO

Al pranzo sociale avevo il preside cap. Agostino Aversa di fronte, il Com.te Salvatore Esposito sulla sinistra. Aversa ed Esposito erano stati compagni di classe al nautico, classe in cui figurava anche l'armatore Luigi Aponte, Vincenzo Nastro, prof. emerito di Navigazione Aerea della Parthenope, ed altri nomi che hanno percorso strade prestigiose. Docente di navigazione il Prof. Benedetto Sposito, preside l'ing. Alberto Carino. Qualcuno aveva detto che la classe era stata formata con "luna a favore". Sposito, poi preside dei nautici di Pizzo, di Torre del Greco e di Piano, amava tenere le lezioni con stile aulico e toni solenni. Si racconta che talvolta si fermava alla finestra che affacciava sullo spiazzo sottostante e se vedeva qualche passante non usuale, intonava, con voce forte e cadenzata, frasi del tipo: "Da consultazioni da me effettuate! – pausa – ho rilevato che! – pausa" quindi girava lo sguardo alla classe. La solenne affermazione rimbalzava subito al bar a poche decine di metri ed i presenti commentavano la "straordinaria impresa" del Prof. Sposito. "Ma, capite bene? Il prof. Sposito ha effettuato di persona le consultazioni da cui ha dedotto chissà quali ritrovati scientifici!" E via di questo tenore; la discussione, accesa e partecipata, andava avanti per un bel po'.
 
Tra una battuta ed un'altra Esposito ricordò che Luigi Aponte, già da studente era determinato a diventare armatore; la sua non era un'idea sporadica, il suo pensiero era rivolto ad una meta ben precisa che lo assorbiva sempre, con costanza; non aveva altri obiettivi oltre quello di fare l'armatore. D'altra parte la sua famiglia vantava una certa tradizione, qualche esperienza pregressa nel campo. Ed il giovane seppe poi realizzare una impresa dalle dimensioni colossali, come mai si era visto in precedenza, non solo in Italia. Poi Esposito aggiungeva, senza enfasi, che il più bravo della classe era Agostino e questo mi giungeva nuovo perché, l'amico da una vita, mai mi aveva accennato al simpatico particolare. Roba da non credere. 

Guardo gli ulivi oltre la veranda, mi concentro con la mente e vado al gennaio del 1964 quando vedo per la prima volta un giovane biondino, ben piantato, solido, lo sguardo sveglio che segue le lezioni all'Istituto Universitario Navale. Ha completato da poco il servizio militare in Marina (28 mesi), quasi sempre a bordo. Segue tutti i corsi, prende gli appunti e il giorno dopo li ha già elaborati e ordinati. A fine maggio inizia gli esami in preappello; a fine giugno ne ha messo nel saccoccio ben 5 con buoni vuoti. Ci saluta, lo aspetta un imbarco; riappare a dicembre, poco prima delle vacanze. Si informa sui programmi svolti, prende nota dai nostri appunti; a febbraio sostiene gli ultimi due esami del primo anno. A fine giugno ne ha messo nel carniere altri cinque mentre si prepara per un nuovo imbarco. 

E con tale ritmo prosegue fino a novembre del '67 quando si laurea a pieni voti, discutendo una tesi sulla misura del tempo. Nel frattempo ha trovato il modo per superare l'esame di aspirante capitano (patentino) a Cagliari e, subito dopo la laurea, mentre inizia l'insegnamento al nautico di Pizzo Calabro, supera l'esame di capitano di lungo corso a Palermo con votazione 9/10. In seguito abbiamo sostenuto insieme gli esami di abilitazione all'insegnamento (1969) e quelli per il concorso a cattedra (1971). Agostino Aversa nel 1980 vinse il concorso a preside, esercitando poi la funzione direttiva negli Istituti nautici di Procida, di Napoli, di Torre del Greco e di Piano dove concluse l'attività nel 2007. Ma non gli studi teologici, sempre coltivati e disseminati in una intensa azione pedagogica e pastorale, fatta di ritiri spirituali, conferenze, presenze e dibattiti nella comunità sociale. Beh, mi sembra di poter dire: non è proprio male!
 

Tag: marittimi