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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Politiche marittime

Il Fit for 55 avvantaggerà i porti extra-Ue, secondo i sindacati

L'ambizioso pacchetto europeo per dimezzare le emissioni entro il 2030 metterà in difficoltà i porti italiani di trasbordo, soprattutto Gioia Tauro, Cagliari e Taranto

Il porto di Rotterdam (August Brill/Flickr)

«Invece di tutelare i propri porti, l'Unione europea rischia di danneggiarli pesantemente favorendo invece hub extra europei soprattutto per quanto riguarda il bacino mediterraneo». A denunciarlo in una nota congiunta il segretario generale e il segretario nazionale di Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi e Marco Odone, in merito alle norme previste nel pacchetto di misure europeo Fit For 55. 

Il 14 luglio la Commissione europea ha adottato il pacchetto climatico "Fit for 55", che propone una serie di iniziative legislative per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi del Green Deal europeo. In particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento (da qui il nome del pacchetto) rispetto ai livelli del 1990, con l'obiettivo di arrivare alla "carbon neutrality" per il 2050. Questo obiettivo del 55 per cento è estremamente ambizioso. Per fare una comparazione, dal 1990 al 2020 le emissioni nell'Unione europea si sono ridotte, al confronto, appena del 20 per cento. In meno di un terzo del tempo - meno di dieci anni rispetto a trent'anni - il Green Deal intende ridurre le emissioni quindi di un ulteriore 55 per cento. A maggio la direttiva Ue 2023/959 ha applicato queste misure al settore marittimo.

Secondo la Filt-Cgil c'è però bisogno di un riesame di questa direttiva. «vanno previste - scrive in una nota - misure transitorie in attesa di un regime globale per non sfavorire il nostro sistema portuale e marittimo».

In sostanza, secondo i sindacati è importante che queste politiche così estese e che innescano cambiamenti così profondi siano attuati a livello internazionale, altrimenti è il continente che rischia di isolarsi ed essere poco competitivo sui mercati nel momento in cui i servizi marittimi scelgano scali di approdo con meno restrizioni ambientali. «Il sistema, seppur meritevole dal punto di vista ambientale - continua la nota di della Cgil - rischia, se non viene modificato, di arrecare gravi danni al sistema marittimo portuale italiano. L'assenza di un regime globale, non solo renderà la misura poco efficace sulla riduzione delle emissioni, ma avvantaggerà gli scali extra UE come i porti nord africani i quali, non essendo colpiti dai nuovi oneri, finiranno per diventare non solo più inquinanti, ma anche quelli preferiti dalle compagnie marittime per conseguire risparmi cospicui soprattutto sul segmento dei servizi di transhipment. Questo scenario è molto preoccupante perché comporterà la perdita di competitività e di centralità dei nostri scali, a partire da Gioia Tauro con gravi conseguenze dal punto di vista economico, sociale ed occupazionale, senza dimenticare che minerebbe definitivamente anche le potenzialità degli altri porti transhipment come Cagliari e Taranto».

«Nonostante il giusto obiettivo che la direttiva si pone e cioè di ridurre le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030, la norma che prevede la modifica del sistema di tassazione applicato agli armatori di grandi navi superiori alle 5 mila tonnellate, se non modificata urgentemente metterà in difficoltà i porti europei di transhipment, primo fra tutti quello di Gioia Tauro, spingendo invece le navi ad esempio verso i porti Tanger Med e Port Said. Chiediamo al governo di intervenire e farsi  portavoce in Ue delle istanze dei porti italiani per modificare tale norma che inciderebbe pesantemente anche sull'occupazione negli scali italiani».

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Tag: ambiente