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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Coronavirus, in Italia traffico container rischia drastico calo

Freight Leaders Council prevede una flessione intorno al 20 per cento in porti importanti come Genova e Salerno, se entro la fine del mese la produzione industriale cinese non riprenderà pienamente

(cnsphoto / REUTERS)

Se entro la fine di questo mese l'epidemia di Coronavirus non invertirà il suo tasso di espansione, permettendo alla produzione industriale cinese di riprendere pienamente, l'Italia rischia di bruciare centinaia di migliaia di TEU, se non oltre un milione, di traffico container, in una forbice negativa che oscillerebbe intorno al 10 per cento.

Secondo le prime stime del Freight Leaders Council, l'associazione che riunisce i maggiori player e stila ricerche di settore, la riduzione del traffico container potrebbe arrivare fino al 20 per cento in porti strategici come Genova o Salerno, per via dello stop delle partenze dalla Cina. La drastica riduzione avrebbe ricadute su tutta la catena logistica (spedizionieri, autotrasporto, magazzini, etc.) fino ad allargarsi all'automotive, all'elettronica e alla produzione di macchinari altamente specializzati. Già ora i costi per le spedizioni da e per la Cina stanno aumentando e le portacontainer in arrivo nei porti cinesi stanno incontrando diversi disagi, dovuti principalmente alla mancanza di personale per lo scarico delle merci.

Non c'è emergenza, per il momento, come sottolinea Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council. «La situazione - spiega - è sostanzialmente invariata grazie al flusso delle scorte che riforniscono i mercati. Tuttavia i disagi per le nostre aziende impegnate a vario titolo nella supply chain sulla direttrice Cina-Italia sono già iniziati. Se l'emergenza Coronavirus non cesserà al più presto, permettendo alla Cina di riattivare la produzione industriale almeno entro il mese di febbraio, la logistica italiana rischia di pagare un conto molto salato».

Per la maggior parte degli analisti internazionali i danni all'economica globale potranno essere gestibili se l'emergenza cesserà entro la fine del mese, ma lo slittamento al 17 febbraio della ripresa delle attività in Cina non fa ben sperare. A cui si aggiungono anche le previsioni al ribasso delle agenzie di rating sul Pil cinese.

Quanti sono i container cinesi
Una bilancia commerciale che, tradotta in container, sviluppa 1,1 milione di TEU in entrata e 800 mila in uscita, pari al 18 per cento del traffico containerizzato rispetto ai 10,3 milioni di TEU movimentati nei principali porti italiani sempre nel 2018 (dati centro studi Fedespedi). Una perdita, quella del traffico container da e per la Cina, che andrebbe ad indebolire ancora di più il sistema portuale italiano, già minato nella competitività negli ultimi anni. Infatti, nei 13 scali nazionali dove sono presenti terminal container, la capacità teorica di movimentazione è di 16,7 milioni di TEU, pari al 60 per cento di quella registrata nel 2018 (10,3 milioni). Negli ultimi vent'anni, quando altri porti del Mediterraneo crescevano fino al 500 per cento nel traffico container, l'Italia aumentava del 50 per cento (dati Conftrasporto-Confcommercio). Negli ultimi cinque non ha ragggiunto la soglia degli 11 milioni di TEU, arrivando ai 10,3 nel 2018.

«I porti italiani – ricorda Marciani - scontano l'inadeguatezza dei fondali, troppo poco profondi per le mega navi, ma anche i limiti infrastrutturali del Paese. Il crollo del Ponte Morandi è già costato il 5 per cento del traffico al porto di Genova. A questa emergenza nazionale, si aggiungerebbe anche quella sanitaria dovuta all'allarme internazionale che, se non gestita adeguatamente, andrebbe a minare un sistema già di per sé compromesso».

L'Italia è il quarto partner commerciale della Cina, stando alle rilevazioni di Info Mercati esteri del ministero degli Affari esteri. Le importazioni, in crescita, sono state pari a 30,8 miliardi di euro nel 2018. Dalla Cina arrivano, soprattutto via mare con traffico container, prodotti tessili e abbagliamento, computer e elettronica, macchinari e manufatti in plastica e metallo. Anche l'export, benché più contenuto (pari a 13,2 miliardi nel 2018), pone la Cina al quarto posto tra i nostri partner commerciali, soprattutto nel campo della chimica, farmaceutica, veicoli, mobili e abbigliamento.

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