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24 marzo 2025, Aggiornato alle 12,59
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Politiche marittime

Shipping, dove navigano le banche?

Panoramica a 360 gradi sulle finanze dello shipping. Le banche più esperte sono tornate ad investire ma con criteri più selettivi. I capitali cinesi iniziano ad affacciarsi decisamente sul mercato. Ancora fermi gli investitori arabi. Largo all'export financing   di Arturo Capasso  


L'annuale incontro di Sorrento, organizzato con puntuale efficienza da Mareforum e da Giuseppe Bottiglieri, rappresenta ormai un appuntamento classico per gli addetti ai lavori e un attendibile termometro della situazione complessiva del settore marittimo. La prima considerazione che emerge, dopo aver assistito, il 9 maggio, al convegno dal titolo evocativo "Quo Vadis?" è una minore attenzione alle problematiche strettamente finanziarie rispetto a quelle più marcatamente strategiche. Oggi, in una situazione quanto mai instabile e incerta, dove si registra qualche incoraggiante segnale di ripresa, l'attenzione degli armatori si rivolge principalmente ai grandi scenari demografici e macroeconomici, per provare a immaginare i futuri trend del mercato, nonché ad alcuni problemi assolutamente contingenti come l'emergenza pirateria. Per quanto riguarda le tematiche strettamente finanziarie, la presenza di numerosi banchieri e consulenti, rappresenta una risposta implicita al titolo della sezione dedicata alla finanza "Are Ship finance banks back in business?". Da quanto si è appreso nella sessione, coordinata da Fabrizio Vettosi Managing Director del fondo Venice Shipping and Logistics, le banche hanno ripreso a guardare con interesse al settore marittimo, nella convinzione che gli armatori sapranno fronteggiare, come tante volte nella storia, la crisi economica mondiale e gli inevitabili riflessi che questa ha avuto sul mercato dei traffici, tuttavia l'atteggiamento sarà improntato ad una maggiore prudenza, rispetto al recente passato. In pratica sono uscite dal mercato o hanno liquidato il proprio portafoglio shipping soprattutto quelle banche che solo in tempi recenti si erano affacciate al mercato armatoriale. Le banche più radicate ed esperte sono tornate ad operare con criteri più selettivi in merito alla qualità delle imprese finanziate. Inoltre le durate si sono significativamente accorciate, l'ammontare erogato oramai difficilmente supera il 50-60% del valore della nave e le condizioni sono sicuramente più gravose, non solo in termini di spread, ma anche in termini di covenants. È questo il riflesso di una minore offerta complessiva di capitale di credito, determinata anche da requisiti patrimoniali più stringenti richiesti alle banche da nuove regole volte ad evitare future crisi finanziarie. Se questo è lo scenario, appare particolarmente calzante l'interrogativo che ha dato il titolo alla tavola rotonda "How and where to raise capital today?". Qui le prospettive sono diverse, anche se non ancora ben delineate. Sicuramente si guarda con interesse alle banche orientali, soprattutto cinesi. Molti governi in estremo oriente si sono resi conto che il superamento della crisi dei tanti cantieri navali, spuntati come funghi negli anni del boom, rappresenta un problema non banale. La prospettiva che il finanziamento delle nuove costruzioni possa avvenire nella forma dell'export financing, con una quota più o meno significativa a carico delle banche o dei governi del paese del cantiere diviene sempre più realistica. Maggiore scetticismo desta invece agli occhi degli armatori la possibilità di un consistente intervento nello shipping finance dei fondi sovrani o dei fondi islamici, anche se importanti operatori, come l'Amro Bank hanno lanciato appositi fondi di Mezzanine Shipping Financing che rispettano i principi della Sharia. Sul fronte equity indubbiamente soffre ancora il mercato della raccolta da privati, il sistema delle KG/KS si è dimostrato esposto alle insolvenze dei noleggiatori e ad alcune rigidità finanziarie e operative delle strutture cosi organizzate. Resta invece concreta la prospettiva dei mercati azionari e obbligazionari, sui quali Vettosi vede gli armatori ancora alquanto freddi, in particolare verso le borse europee, considerate meno interessanti e efficienti rispetto ai mercati nord-americani. In definitiva, riprendendo le parole di un applauditissimo messaggio del Comandante Giuseppe D'Amato "il mare si ammala ma non muore" si può concludere che il settore armatoriale e lo shpping finance sono guariti dalla recessione innescata dalla crisi finanziaria internazionale, anche se ancora non possiamo pronunciarci sulla durata della convalescenza.

Arturo Capasso