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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Logistica

Più medici e meno Guardia di Finanza in Dogana, la proposta di Alsea

Per risolvere i problemi atavici della logistica italiana, secondo la presidente Betty Schiavoni bisogna intervenire sull'organizzazione della pubblica amministrazione, e rendere i premi del personale più orientati ai traffici che ai soli controlli

Betty Schiavoni, presidente di Alsea

La gran mole di procedure di controllo delle merci in import export, che tanto fanno perdere competivitità logistica all'Italia, potrebbe essere semplificata aggiungendo più medici al personale di Sanità marittima e aerea e riducendo la Dogana a un controllo doganale, invece di affastellarla con i controlli della Guardia di Finanza, che potrebbe essere assegnata ad altre mansioni. È la proposta di Betty Schiavoni, presidente di Alsea, l'associazione lombarda degli spedizionieri e degli autotrasportatori, che oggi alla Camera di Commercio di Milano ha tenuto l'assemblea pubblica, focalizzata sulla "Crisi della globalizzazione e reshoring: i nuovi equilibri del commercio internazionale".

Nel corso dell'assemblea di Alsea si è discusso di reshoring e di commercio internazionale. Per favorire il fenomeno del reshoring, ovvero la scelta da parte di alcune imprese precedentemente delocalizzate di rientrare in Italia, occorre anche che il governo affronti quei problemi strutturali atavici che rendono l'Italia tra i Paesi europei meno attrattivi per la logistica dei trasporti, a causa di un eccesso di burocrazia, delle troppe autorità di controllo e della lentezza della movimentazione della merce. 

Tre problemi che frenano il commercio internazionale e che per la presidente Schiavoni potrebbero essere risolti in tre modi: 
• inserendo più medici nei controlli della Sanità marittima e aerea;
• lasciando effettuare i controlli doganali alla sola Dogana invece che anche alla Guardia di Finanza;
• un sistema dei premi che non punti alla quantità di controlli ma anche alla crescita dei traffici, così che l'uno sia complementare all'altro.

La Sanità marittima ed Aerea è caratterizzata da una cronica mancanza di personale, medici e tecnici, che fanno si che una spedizione aerea che giunge a Malpensa in meno di ventiquattr'ore di volo debba attendere fino a 6 giorni, in certi periodi, per il rilascio di un semplice nulla osta documentale. «Stiamo perdendo traffici a favore di porti e aeroporti europei. Basterebbero pochi medici e tecnici per superare il problema ma non si riesce a reclutarli. Risolviamo il problema. Anzitutto togliamo il numero chiuso per accedere alla facoltà di medicina», secondo Schiavoni. «Abbiamo una cronica mancanza di personale nelle amministrazioni pubbliche. Eliminiamo il riscontro della Guardia di Finanza all'import e export e destiniamolo ad altre mansioni, visto che l'Italia è l'unico Paese in Europa che ha un doppio controllo all'import export. Della Dogana e della Guardia di Finanza: non ce lo possiamo più permettere. Gli obiettivi dei funzionari pubblici che intervengono nel momento doganale devono essere modificati. I premi vanno calcolati non solo in base ai controlli eseguiti ma anche sulla crescita dei traffici, garanti dall'efficienza delle amministrazioni stesse. Se, infatti, è un obiettivo indispensabile garantire controlli efficienti, lo è altrettanto quello di consentire ai traffici di crescere per far prosperare l'economia italiana. Un obiettivo non deve andare a discapito dell'altro: serve un giusto equilibrio e, soprattutto, la giusta attenzione a tutti e due questi aspetti».

L'assemblea di Alsea è stata aperta dal presidente della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza Lodi, Carlo Sangalli, segnalando il fenomeno del reshoring. «Una tendenza che significa anche favorire gli investimenti esteri nel nostro Paese con infrastrutture più efficienti, incentivi fiscali e una buona burocrazia, cioè semplice e veloce», ha detto Sangalli. Da un'indagine del Politecnico di Milano, guidata da Stefano Elia, professore di International business, su un campione di 700 imprese è emerso che circa il 30 per cento di esse  hanno delocalizzato, mentre un 55 per cento no. Il backshoring della produzione (totale o parziale) è stato fino ad ora scelto dal 16,5 per cento delle imprese che avevano realizzato l'offshoring produttivo. Più del 12 per cento ha dichiarato di aver programmato di riportare in Italia la produzione attualmente localizzata all'estero nel medio-lungo termine (3-oltre 5 anni). Il 14 per cento ha invece optato per un cambio di localizzazione all'estero (nearshoring o further offshoring).