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03 maggio 2024, Aggiornato alle 09,20
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Politiche marittime

Mar Rosso, il Qatar frena il transito di gas

Con l'avvio delle operazioni militari statunitensi contro gli Houthi, la crisi del commercio marittimo dell'area potrebbe entrare in una nuova fase, colpendo l'inflazione e i costi dell'energia

Esercitazione della Marina degli Stati Uniti nel Mar Rosso (Official U.S. Navy Page/Flickr)

Il recente attacco di una coalizione di paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti, contro una serie di postazioni militari dei ribelli Houthi in Yemen potrebbe avere effetti negativi sul commercio marittimo del petrolio, sui costi dell'energia, delle spedizioni marittime e infine anche sull'inflazione, seppur l'operazione abbia proprio la finalità di garantire la stabilità della rotta commerciale.

Secondo gli ultimi dati analizzati da Bloomberg, il Qatar avrebbe sospeso l'invio di diverse petroliere e navi per il trasporto di gas naturale liquefatto attraverso il Mar Rosso. È un fatto rilevante, secondo alcuni esperti, il segno che alcuni operatori dei combustibili fossili stanno iniziando a percepire un rischio nell'area. Il Qatar è il secondo fornitore mondiale di gas, dopo gli Stati Uniti, rappresentando circa il 13 per cento del consumo dell'Unione europea. 

Finora le tensioni nel Mar Rosso degli ultimi due mesi - cominciate a novembre scorso con una serie di attacchi intimidatori e dimostrativi degli Houthi, gruppo militare ribelle sciita yemenita vicino all'Iran, tramite lancio di missili e droni armati contro navi mercantili europee ma soprattutto legate a Israele – hanno influenzato principalmente il traffico marittimo dei container, con la quasi totalità delle portacontainer che da diverse settimane viaggia circumnavigando l'Africa doppiando il Capo di Buona Speranza. Le portacontainer attualmente non passano praticamente più per il Mar Rosso, e quindi per il canale di Suez, che soltanto a dicembre avrebbe perso circa il 40 per cento del traffico.

Tra il canale di Suez e il Mar Rosso (per entrare o uscire dal canale il passaggio per questo mare è obbligatorio) transita ogni anno circa il 12 per cento del traffico marittimo mondiale, il 30 per cento di quello container, il 12 per cento del petrolio e l'8 per cento del gas naturale liquefatto. In questa fase di tensione militare nel Mar Rosso una buona parte di questo traffico, non "tagliando" più per il canale di Suez, è costretto a viaggiare di più, costando quindi di più.

Intanto, i costi di spedizione marittima stanno già aumentando. Da novembre scorso il costo di spedizione di un container da Genova a un porto cinese è passato mediamente da 1,500 a 4 mila dollari. Siamo però molto lontani dai picchi della prima ripresa post-pandemica, quando la tariffa era mediamente sopra i 10 mila dollari, fino a punte di 14 mila dollari.

Un cambio di atteggiamento del genere da parte dei trasportatori e produttori mediorentali di energia, come il gas o il petrolio, potrebbe avere serie ripercussioni sui prezzi dell'energia. Attualmente, come riferisce il Sole 24 Ore, le scorte di gas e petrolio dei paesi europei sono più che sufficienti per garantire l'approvvigionamento invernale, per cui la crisi del Mar Rosso al momento non dovrebbe influenzarne la disponibilità. Ma le ripercussioni potrebbero esserci non tanto sulle scorte quanto sui prezzi, sull'inflazione, che potrebbe tornare ad aumentare. Secondo le stime dell'economista Tomasz Wieladek, un aumento del 10 per cento del prezzo del petrolio comporterebbe un aumento dell'inflazione media nell'Unione europea dello 0,4 per cento.

Tag: economia