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28 marzo 2024, Aggiornato alle 12,19
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Ma quanto inquinano gli aerei? Tra ambiente a rischio e cattiva informazione

Cambiamenti climatici e danni alla natura sono fenomeni complessi e spesso le sintesi proposte dai media risultano poco attendibili. L'analisi di Silvestro Sannino


di Silvestro Sannino - DL News

Ci si chiede quale sia il contributo degli aerei nella "air pollution" e perché se ne parli poco. In realtà se ne parla poco in Italia ma a livello mondiale il problema è sentito sia in sede ICAO (International Civil Aviation Organization), agenzia dell'ONU, come l'IMO, con il suo organo tecnico IPCC; sia in sede WWF; sia in sede FAA (Federal Aviation Administration), NASA , NOAA o università come il MIT, negli USA; sia in UK da parte del ECI (Environmental Change Institute/Oxford University); ma anche la Cambridge University è attiva negli studi e basta ricordare gli atti di congressi come il "Avoiding Dangerous Climate Change" con presentazione di Tony Blair e reperibile in Internet. Ma ci sono anche studi di privati come quello della Boeing Co., la quale stima che i 21.000 aerei del 2014 diventeranno oltre 42.000 nel 2033, o della Suzuki Foundation. La FAA ritiene che il numero degli aerei salirà a 50.000 nel 2040. Inoltre anche alcuni giornali autorevoli, come il New York Times, dedicano servizi al problema. In un articolo sul tema faceva notare che un volo da New York alla California per ogni passeggero inquina, in "gas serra" circa il 20% di un'auto in un anno; da cui suggeriva di volare meno, tassare di più i voli, curare gli alberi, migliorare il fuel, etc. 

Le emissioni avio sono per il 70% CO2 e circa il 29% di vapor acqueo; gli ossidi di azoto NOx e di zolfo SOx assieme ad altri sono quasi il 1%. I primi due sono gas che aumentano l'effetto serra, detti pure "gas serra", mentre gli altri sono nocivi per la salute. L'impatto dei gas scaricati nell'atmosfera (in primis anidride carbonica e nitrogenati) viene stimato tra il 2% e il 4% dei primi anni 2000 a circa il 5% e 6% del 2050. La problematica è vasta e bisogna valutare bene i punti di vista. Ad esempio i gas emessi dagli aerei vanno al suolo per la loro maggiore densità e quindi attraversano liberi tutta la troposfera con effetti anche sulla condensazione del vapor acqueo dell'aria. L'anidride carbonica emessa in vicinanza del suolo viene in parte "assorbita" dall'acqua (e qui interviene però il problema dell'acidificazione degli oceani) ed in parte ridotta nel ciclo clorofilliano della vegetazione, da cui l'importanza di mantenere una densità di vegetazione a foglie verdi ben distribuita sul suolo, problema di "virtuose politiche" in merito, locali e a scala più ampia. 

Gli interessi a scala mondiale sono però diversi e la cosa è a noi ben nota 

Ad esempio negli anni 1980 fu enfatizzato il buco dell'ozono sull'Antartide e la causa fu ritenuta essere nelle emissioni di spray CFC (diclorodifluorometano). Si eliminarono le bombolette spray CFC, e fu un bene, ma poi si "scoprì" che vi erano anche altre cause. Ma questo era logico: i CFC erano nell'emisfero industriale, cioè l'emisfero nord, ed allora perché il buco si formava in quello sud? Ignoranza della Circolazione Generale dell'Atmesfera: tra i due emisferi di fatto non vi è scambio di aria! Poi all'epoca vi era la questione del supersonico Concorde che volava nella stratosfera e distruggeva molto ozono, gas che ci protegge dai raggi ultravioletti, ma si disse che l'impatto sullo strato dell'ozono era trascurabile. Anche la questione della "deforestazione" dell'Amazzonia riempì le pagine dei giornali con argomenti impropri e sempre per scarsa conoscenza della Circolazione dell'Atmosfera! 

Da noi l'ossigeno vitale non viene dall'Amazzonia ma dai nostri alberi!  

Oggi vi sono le nuove potenze industriali come Cina e India che hanno interesse a bruciare carbone e quindi producono anidride carbonica. Il consumo totale oggi è intorno ai 10 miliardi di tonnellate di fuel per anno tra carbone, petrolio e gas naturale e mostra un trend di incremento piuttosto rapido. Interessi culturali, ambientali, politici, economici e di altra natura cozzano tra di loro. Come fai a fermare la gente che vuole volare sempre più o convincere una persona che può fare certe cose anche con l'utilitaria evitando di mettersi in mostra con il SUV più grande del vicino? Il pianeta siamo noi, ma ci sentiamo tutti sulla stessa barca? Abbiamo coscienza che gli sprechi vanno contenuti? È sempre la stessa storia, l'uomo è egoista e vede solo i propri interessi e le proprie convenienze anche se queste sono a grave danno di altri e, a lungo andare, anche a proprio danno. E questo spiega, in parte, perché le Conferenze indette sull'ambiente (Stoccolma 1972, Rio 1992, Johannesburg 2002, ancora Rio 2012, e con il protocollo di Kyoto del 1997 specifico sul surriscaldamento del pianeta Terra) trovino difficoltà a realizzare gli obiettivi di "buone intenzioni". È il caso di ricordare l'antico adagio di Plauto "Homo hominis lupus" (l'uomo lupo per l'uomo).

Per tornare alla specifica pollution prodotta dagli aerei occorre far notare che il "costo" in fuel del trasporto aereo è il più alto. L'efficienza energetica nei trasporti viene indicata mediante vari parametri, come il BTU (British Thermal Unit), che prendono in considerazione condizioni spesso non omogenee e vanno quindi ben "interpretati". Le stime danno indicazioni uniformi sul piano qualitativo, meno su quello quantitativo. Per ogni passeggero per chilometro si va da 1 a 5 grammi di CO2 per le ferrovie, ai 2 – 6 grammi per le navi, ai 10 – 100 per trasporto su strade, ai 100 – 1000 grammi di CO2 per il trasporto aereo. Se si considera ancora che a parità di peso le emissioni di CO2 degli aerei sono molto più devastanti nello impatto con l'aria, come è già stato detto sopra, si comprende l'entità e la gravità della pollution degli aerei. 

La complessità del fenomeno, che interessa diverse aree scientifiche, e la difficoltà di individuare modelli fisici globali, nonché la non sempre corretta disseminazione delle informazioni in merito rendono spesso poco attendibili le sintesi proposte dai media, con perplessità da parte del cittadino medio. Per chi vuole una verifica delle fonti la già citata agenzia dell'ONU, la IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblica continui "reports" sullo stato del clima della Terra. Tra i parametri indicati vi sono le variazioni annuali e quinquennali delle temperature dell'aria in modo da avere indicazioni comparate delle condizioni preindustriali e quelle attuali. Nello specifico della pollution degli aerei la FAA fornisce dati e preziose informazioni sulle emissioni degli aerei e sulle politiche per limitare gli effetti nocivi. Inoltre vanno segnalati gli studi scientifici di studiosi di prestigiose università sugli impatti delle emissioni degli aerei sulla pollution e sul clima della Terra. Si cerca di seguire il criterio del protocollo di Kyoto dello "sviluppo sostenibile". 

In ogni caso, occorre vedere un po' meglio le attività scientifiche a livello mondiale nel ramo specifico. Le fonti sono diverse ed i criteri di studio e di interpretazione dei vari parametri fisici rendono le valutazioni complessive dei fenomeni di "pollution" e dei loro effetti talvolta incerte e poco verosimili. Ad esempio ogni fenomenologia meteorologica diversa da quella ritenuta "normale" viene attribuita ai "cambiamenti climatici"laddove solo le variazioni dei grandi sistemi dell'atmosfera (i grandi anticicloni tropicali, le depressioni alle latitudini medie, le correnti a getto, la stagione dei cicloni tropicali, l'albedo della Terra, la circolazione generale della atmosfera e degli oceani, etc.) se ben accertate, possono fornire significative correlazioni tra "pollution" e variazioni del clima.

Il trend di alcuni parametri fisici

I dati forniti dal IPCC, vale a dire il campionario intergovernamentale dei cambiamenti climatici, fornisce una statistica dei parametri di interesse degli ultimi tempi e la loro estrapolazione futura, fino al 2100, ed in alcuni casi anche oltre. Inoltre vengono fatte delle valutazioni sulle influenze nei vari settori produttivi e sullo stato di benessere della salute. Il parametro più immediato è l'andamento della temperatura dell'aria. Essa è rimasta stazionaria dal 1850 al 1960 e poi ha subito una crescita con tendenze ad impennate negli ultimi tempi. Le variazioni di temperatura sono state dell'ordine della frazione di grado centigrado per salire a circa un grado e mezzo verso la fine del secolo. Scarti possono aversi anche per eruzioni vulcaniche di grandi dimensioni, non prevedibili. Anche la temperatura del mare tende ad aumentare ma in termini più limitati per la maggior "inerzia termica" dell'acqua e per lo scioglimento dei ghiacci polari. Questi saranno più cospicui nell'emisfero nord e la loro fusione produrrà anche un innalzamento del livello medio del mare, stimato allo stato attuale intorno ad una decina di centimetri e previsto per la fine del secolo poco oltre il mezzo metro. 

Le precipitazioni sono previste in generale crescita ma con distribuzione non uniforme sul pianeta. Anche gli eventi estremi, come cicloni tropicali di grande intensità, onde di calore ed altri sono previsti in crescita con il riscaldamento globale. L'esposizione di un gran numero di individui alle onde di calore sarà un fattore notevole sulla salute. Gli effetti dei  cambiamenti climatici riguardano diversi settori ed in particolare la produzione di alimenti. Il tema viene seguito da istituzioni ONU specifiche quali la FAO. La complessità dei fenomeni rende gli studi piuttosto articolati ed i dati non sono di immediata lettura ed interpretazione per la gran parte delle persone del pianeta. Una corretta politica di informazione si rende necessaria per i singoli stati. In Italia da questo versante non si può essere molto soddisfatti, in relazione alle esigenze ed ai riflessi culturali ed economici, e forme di educazione permanente devono entrare nella prassi del vivere civile per evitare da una parte eccessivi allarmismi e dall'altra valutazioni errate e/o improprie sulla possibilità di uno "sviluppo sostenibile".
 

Tag: ambiente