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01 maggio 2024, Aggiornato alle 20,50
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Politiche marittime

La Spagna taglia le tasse per far crescere i porti

Il ministro Pastor (Economia) annuncia la riduzione del 5% sulle tasse portuali e dell'8,5% sull'imposta di occupazione del suolo


Ana Pastor (nella foto), ministro dello Sviluppo del governo spagnolo, ha annunciato due misure importanti per incrementare lo sviluppo dei porti iberici: riduzione del 5% delle tasse portuali e taglio dell'8,5% dell'imposta di occupazione del suolo portuale. Interventi che, stando ai calcoli di Madrid, daranno un beneficio complessivo alle aziende portuali pari ad almeno 40 milioni di euro. Pastor ha dichiarato, parole che difficilmente sentiremo uscire dalla bocca di un ministro dell'economia italiano, che il dicastero è «assolutamente impegnato» per lo sviluppo dei porti della nazione.
L'idea che con l'abbassamento delle tasse si incrementino gli introiti, grazie alla creazione di un prodotto meno "costoso" per il cliente, costituisce l'abc dell'economia. In tempi di crisi, soprattutto in Italia, paese con la più alta pressione fiscale in Europa, si tratta di una misura quasi impossibile. Per i porti misure fiscali di questo tipo hanno come conseguenza immediata l'aumento di "attrattività" di uno scalo, visto che un armatore va dove gli costa di meno attraccare.
Confrontando gli introiti italiani con quelli spagnoli il paragone è impietoso. Per una nave da 14mila teu, scrive Shippingonline, quattro toccate a La Spezia costano, fra tassa di ancoraggio e sovratassa per la merce sopra coperta, circa 320mila euro. La stessa nave a Valencia costa 200mila euro. L'analisi deve tenere conto del fatto che in Spagna, ha differenza dell'Italia, vige l'autonomia finanziaria: gli scali iberici non solo trattengono parte dell'Iva, ma possono modulare le tasse in base alle esigenze di traffico.