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Cold ironing, Confitarma prepara una serie di proposte

Un documento «che sia il più possibile aderente alle esigenze dell'armamento», spiega il presidente Mattioli

Un momento del convegno a bordo di Costa Firenze. Genova, 7 aprile 2022

«Per il cold ironing è indispensabile il coinvolgimento degli utenti del porto, onde evitare interventi a pioggia, tenendo conto della tipologia delle navi e del carico trasportato, oltre al fatto che più unità potrebbero essere ormeggiate contemporaneamente». Così Mario Mattioli, presidente di Confitarma, intervenendo a Genova a bordo della nave da crociera Costa Firenze, nel corso di una tavola rotonda organizzata da Costa Crociere dedicata al modello Genova sul fronte turistico e infrastrutturale.

Sul cold ironing Confitarma sta preparando un documento con una serie di proposte «che sia il più possibile aderente alle esigenze dell'armamento». Il cold ironing è un sistema che permette alla nave di allacciarsi all'elettricità di terra quando è in sosta in un porto, spegnendo i motori ausuliari di bordo e quindi alleggerendo la qualità dell'aria nella zona portuale di una città. Ma richiede un'infrastruttura specifica, che porti in banchina gli allacci giusti e soprattutto gli standard di tensione appropriati. È promettente ma deve essere economicamente sostenibile. Per una compagnia marittima l'allaccio elettrico è più costoso rispetto all'utilizzo dei motori ausuliari per mantenere la corrente a bordo. Il cold ironing deve quindi essere incentivato, finanziato, sgravato, coperto in qualche modo tramite il pubblico o il privato, o entrambi. 

«La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico renderà ancora più stretto il legame tra nave e porto che dovrà prevedere soluzioni per soddisfare una domanda molto più variegata», afferma Mattioli, che è tornato a sottolineare i ritardi burocratici che affliggono l'armamento italiano. «A fronte – spiega - di ingenti investimenti di decine di miliardi di euro già effettuati e in corso per mantenere e incrementare le elevate performance ambientali che pongono le loro flotte ai vertici delle best practice green internazionali, gli armatori italiani si scontrano con una serie di ritardi infrastrutturali e burocratici che rallentano se non addirittura ostacolano tali iniziative. I 500 milioni previsti dal Fondo complementare al PNRR sono un primo passo ma, al momento, rimane purtroppo esclusa un'importante parte delle navi di imprese radicate in Italia, da tempo impegnate in tal senso». 

L'industria armatoriale investe parecchio per ridurre le emissioni, impiegando combustibili meno inquinanti, alimentando le navi con batterie durante le soste in porto, utilizzando gas come combustibile alternativo, pitture siliconiche per la chiglia, e cold ironing dov'è disponibile. «Occorre attuare – continua Mattioli - una strategia che garantisca l'identificazione di solide filiere di approvvigionamento che consentano il ricorso a carburanti avanzati e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla distribuzione e bunkeraggio del GNL, e questo vale in assoluto anche per i combustibili del futuro». 
 
«La sfida – ha concluso Mattioli - non è soltanto tecnologica e può essere vinta a livello di sistema Paese soltanto se si riesce ad avere una visione d'insieme: un sistema marittimo-portuale e logistico è vincente se, oltre al porto, anche tutti gli altri elementi della catena sono competitivi a cominciare dalle nostre navi, le nostre imprese di navigazione e i nostri equipaggi. Ribadisco il grande impegno dello shipping per raggiungere l'ambizioso obiettivo di emission zero ma occorre pianificare bene le risorse, evitando investimenti a pioggia e non sottovalutando costi e tempi necessari per l'adeguamento delle navi alle nuove tecnologie. Per questo l'armamento guarda alla transizione nel suo insieme e a tutte le possibili soluzioni alternative messe a disposizione dalla tecnologia senza tralasciare l'aspetto dei costi, non solo quelli a carico dell'industria ma anche quelli che ricadrebbero sulla comunità».