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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Cina-Italia, nel porto di Napoli una bilancia commerciale sproporzionata

Valore esportazioni nettamente superiore alle importazioni. Per riequilibrare, una politica Ue dei porti del Mediterraneo puntando sul canale di Suez

Il canale di Suez

di Paolo Bosso (Corriere del Mezzogiorno del 16 febbraio)

L'Italia dovrebbe porsi come un attore economico unico, approfittare della potenza commerciale del canale di Suez e continuare a costruire binari, banchine e ponti. Dal porto di Napoli, nel 2017, sono stati esportati verso la Cina prodotti per 1,5 miliardi di euro, mentre dal gigante d'Oriente verso Napoli beni per 121 milioni, in un contesto in cui, dati Istat, dal 2017 la produzione industriale del Meridione è crollata di quasi un terzo. In mezzo il canale di Suez, la porta d'ingresso delle ricchezze commerciali asiatiche nel Mediterraneo, che nel 2015 ha raddoppiato la sua capienza - oggi ci transita un decimo del traffico marittimo mondiale, ed è in crescita - e con essa le opportunità di sviluppo commerciale marittimo per l'Italia. «Per bilanciare questo squilibrio si dovrebbero fare tre cose: una politica europea del Mediterraneo, che l'Europa del Nord, con i suoi grandi porti, non ha interesse a fare; l'integrazione logistica della Campania con gli interporti e, infine, l'aumento della produzione industriale magari con la Zona economica speciale (Zes), i cui decreti attuativi sono stati legiferati dal Parlamento il 7 febbraio». È l'ambiziosa ricetta di Pietro Spirito, presidente del sistema portuale campano, raccontata nel suo ultimo libro, edito da Rubbettino, presentato venerdì alla stazione marittima all'interno di una tavola rotonda su Suez, economia marittima e strategia infrastrutturale. Con lui, il centro Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Srm, gruppo Intesa-San Paolo) diretto da Massimo Deandreis; l'ex ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, autore nel 2016 con il suo dicastero di un'importante riforma dei porti italiani che ha accorpato 54 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale; il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Michele Geraci; il presidente di Svimez, Adriano Giannola; e Alessandro Panaro, direttore dell'ufficio marittimo di Srm.

Logistica, infrastrutture e Zes per rilanciare l'economia, quindi, «e una politica unitaria, perché l'Italia - sottolinea Delrio - da fuori è vista necessariamente come un'unica entità sul Mediterraneo». «Il porto di Napoli - aggiunge Panaro - sta incrementando il traffico verso Stati Uniti e Oriente. I due grandi canali del mondo, Panama e Suez, si fanno concorrenza a suon di sconti, è arrivato il momento di approfittarne. La Russia e la Cina stanno costruendo lungo il canale di Suez opere per circa 7 miliardi di dollari a testa». Noi, cosa stiamo aspettando? «Non possiamo limitarci a ottenere finanziamenti, è debito. Le imprese italiane devono investire all'estero, è così che si fa profitto», afferma Geraci.

Una ricchezza che si produce però con un'economia statale, «con l'urbanizzazione, la logistica, la costruzione di una metropolitana, non bastano le sole imprese», secondo Geraci. Fare insomma quello che ha fatto la Cina con le sue di Zes, «mentre noi, all'inverso, facciamo la Zes e poi, forse, le infrastrutture», afferma Deandreis. «Piuttosto che bloccare le opere - conclude Delrio riferendosi alla Tav - è sufficiente regolare gli investimenti. Le analisi costi-benefici sono limitate, non guardano all'impatto collaterale sul lungo periodo. Con questa logica la Napoli-Bari non andrebbe fatta. Napoli è piena di turisti non solo perché è una bella città ma perché è raggiungibile da aerei e treni. Quando ero ministro dei Trasporti non ho bloccato gli investimenti nei porti ma li ho razionalizzati, di fronte a un parco opere folle per 18 milioni di container di capacità nazionale».

Tag: suez - napoli - economia