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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Autotrasporto, ferme 25 mila imprese e 90 mila mezzi

Un taglio di 30 milioni di quintali sulla capacità di trasporto, con ripercussioni soprattutto sull'approvvigionamento di deperibili e ortofrutta, afferma Trasportounito

(muammerokumus/Flickr)

Secondo l'ultima rilevazione compiuta da Trasportunito, nelle regioni del Centro Sud sono circa 25 mila le imprese di autotrasporto ferme per via dei vertiginosi aumenti del costo dell'energia, quindi di gestione dei mezzi pesanti. Sono tanti gli episodi di protesta in questi ultimi giorni per mettere pressione sul governo affinché intervenga in qualche modo per calmierare i prezzi, fronteggiando gli aumenti dei costi del carburante che per ora le imprese di autotrasporto assorbono senza poterli riversare almeno in parte sulla committenza e sulla merce.

Con 25 mila imprese ferme, sarebbero, sempre secondo i dati di Trasportounito, circa 90 mila mezzi pesanti non circolanti, il che corrisponde a un taglio di 30 milioni di quintali sulla capacità di trasporto, con conseguenze gravi soprattutto sul trasporto di deperibili e ortofrutta. Si calcola che siano attualmente 40 mila i mezzi che stanno incontrando difficoltà sui percorsi, le triangolazioni, i carichi e gli scarichi.

«È particolarmente grave – sottolinea Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito – che non si comprendano oggi le ragioni, in parte cronicizzate, in parte esplose per l'aumento dei costi di carburante, dell'autotrasporto italiano, costretto oggi a una protesta che assomiglia ogni giorno di più a un fermo tecnico, ovvero al blocco dei mezzi per impossibilità pratica di pagarne i costi di gestione». 

La carenza di autisti, presente da anni e aggravatasi con la pandemia, pesa non poco. Trasportounito è critica verso il Regolamento UE 1055/2020, quello che regolamenta il trasporto internazionale, perché non è stato accompagnato da chiarimenti tecnico-normativi, producendo tre tipi di effetti negativi: l'eliminazione delle vecchie licenze e quindi la perdita secca di un patrimonio di 220 milioni di euro; il pericoloso livellamento verso il basso dei futuri operatori dell'autotrasporto in controtendenza rispetto agli slogan relativi alla sostenibilità del trasporto nonché modifiche inapplicabili agli asset normativi, amministrativi e istituzionali.

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