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17 maggio 2024, Aggiornato alle 18,06
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Infrastrutture

Troppi camion e poche infrastrutture. La logistica all'esame del Propeller di Napoli

Prima riunione del 2011. Rocco Giordano presenta le novità e i costi del Piano Nazionale della logistica. Il mercato africano, i progetti per Napoli Est, le difficoltà di Gioia Tauro e i tempi di carico e scarico - Paolo Bosso


«L'Europa avrà vita breve se non si affaccia in Africa, un continente che entro il 2025 conterà circa 2 miliardi di persone». Si è aperta con questa previsione del socio Umberto Masucci la prima riunione del 2011 del Propeller Club di Napoli. Presso la sede della Stazione Marittima del porto campano, dove proprio oggi sarà inaugurato il nuovo centro commerciale, un incontro durante il quale sono state analizzate le novità del Piano Nazionale della logistica. 
Gennaro Moccia, vicepresidente dell'Unione Industriali di Napoli, ha sottolineato l'assenza di progetti in via di realizzazione per Napoli Est. «Quello più importante riguarda il trasferimento su ferro delle merci gestite al terminal Conateco, ma per il momento è fermo».
Ospite speciale il presidente del propeller di Milano, Riccardo Fuochi, che ha affrontato la scottante situazione di Gioia Tauro. «Gioia Tauro potrebbe essere la Singapore del Mediterraneo, un porto di ingresso per il traffico dalla Cina, ma proprio questi servizi negli ultimi tempi sono venuti meno. Il problema principale è che ci sono troppi controlli e i costi di conseguenza sono alti» ha detto Fuochi. E sul futuro degli altri porti il presidente "milanese" è convinto delle potenzialità crocieristiche di Venezia: «Potrà essere il porto crociere per eccellenza, insieme a Monfalcone porta dell'Est Europa».
Fabrizio Vettosi, Direttore Generale di Venice Shipping & Logistic, ha focalizzato quelli che secondo lui sono i due problemi principali per la logistica italiana: l'assenza di infrastrutture e l'eccesso di Authority. «Abbiamo circa 35 interporti di cui solo 19 operativi, e 24 Autorità Portuali. Credo che, oltre a una "potatura" generale sia necessario privatizzare l'infrastruttura primaria: i porti».
Ad illustrare i punti cardini del Piano ci ha pensato Rocco Giordano, Coordinatore Scientifico della Consulta per l'Autotrasporto e la Logistica, che ha mostrato la divisione dei costi, così ripartiti:
23,5 miliardi per l'autotrasporto; 1,5 per le Alpi; 3 per il trasporto marittimo; 1 per le ferrovie e il combinato; 11 per il sistema logistico in generale.
Il totale è di 40 miliardi (stima Banca d'Italia), anche se altre fonti parlano di 50-55 miliardi.
Uno dei dati più rilevanti presentati da Giordano riguarda l'incidenza del trasporto su gomma, troppo alto per un paese che deve puntare maggiormente sulle ferrovie. L'utilizzo dei camion nella media europea è pari al 60%, in Italia del 73%. Non solo: i veicoli pesanti in circolazione sono 3,5 milioni, di cui 1 milione euro O.
Si è discusso anche del recente decreto firmato dal governo che fissa i tempi di carico e scarico. «Spesso ai camionisti viene rimproverato di raggiungere i porti tutti insieme, ingolfando così le attività. In realtà il traffico dei mezzi pesanti riflette il movimento delle merci: se arrivano tutte insieme è chiaro che i tir si muovono di conseguenza» ha commentato Pasquale Russo, membro di Giunta Ascom Napoli e Segretario Nazionale del Fai Autotrasporto. 
Insomma, la strada da fare è lunga. Occorre riformare l'autotrasporto e le Authority, semplificare le norme e armonizzare i controlli. «Chi dovrebbe essere il referente politico del Piano?» si chiede Michele Pappalardo, presidente degli agenti marittimi di Napoli. La risposta al momento non c'è. 
Paolo Bosso