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18 aprile 2024, Aggiornato alle 19,59
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Politiche marittime

Tasse, fondi e operatività: la riforma dei porti ai nastri di partenza

A sei anni dall'ultima volta, il sistema portuale italiano ha bisogno di una rinfrescata sulla fiscalità e l'amministrazione. La governance frustra e demotiva i funzionari pubblici. Il 21 dicembre tavolo tra governo e autorità portuali

Edoardo Rixi, viceministro alle Infrastrutture (rainews.it)

«Il 21 dicembre avremo il primo tavolo con i presidenti delle autorità di sistema portuale, poi nel 2023 andremo a individuare la migliore soluzione in grado sia di fare crescere i traffici sia di dare alle authority la governance migliore». Con queste parole - pronunciate dal palco del Forum dello shipping organizzato giovedì scorso a Genova dal Secolo XIX - il viceministro alle Infrastrutture e trasporti, Edoardo Rixi della Lega, ha dato simbolicamente il via a quella potrebbe essere una nuova riforma portuale, a sei anni dall'ultima, quella del 2016 dell'allora ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio.

Rixi ha spiegato che la spinta di una nuova riforma proviene da due esigenze, la necessità di riformare il sistema fiscale delle autorità portuali - cosa che chiede l'Unione europea da diversi anni all'Italia per allineare tutti i Paesi membri allo stesso sistema di tassazione portuale senza creare storture alla competitività - e poi fronteggiare con una burocrazia adeguata l'enorme mole programmatica e finanziaria dei fondi europei del PNRR, che per i trasporti in generale prevedono fino a 9 miliardi di investimenti, di cui circa 4 per i porti. «Ci sono problemi di carattere strutturale e logistico che affrontiamo con gli investimenti straordinari, è il caso del Pnrr», spiega Rixi, «ma c'è anche il tema dell'assetto istituzionale delle autorità portuali sollevato dall'Europa, che ci chiede di separare le attività economiche da quelle non economiche. Dobbiamo intervenire prima che arrivi la mazzata europea, adeguandoci a quello che ci viene chiesto: non dimentichiamo che l'Italia è il secondo pilastro logistico del continente».

In conclusione, Rixi ha parlato anche della necessità di alleggerire il carico amministrativo e giudiziario che pesa sui presidenti delle autorità portuali, limitati da troppi vincoli ambientali nella gestione dei dragaggi, per esempio, cosa che a sua volta li espone a rischi giudiziari, col risultato di allontanare l'interesse dei funzionari pubblici verso questo ruolo. «Siamo vicini al terzo rinnovo dei presidenti dopo l'entrata in vigore della riforma Delrio» continua Rixi, «ma in questi anni il mondo è cambiato profondamente: perderemo competenze, perché molti presidenti aspirano a entrare nel settore privato proprio a causa delle regole nelle quali sono stati "imprigionati", o magari per guadagnare di più. Il rischio è che il settore privato si arricchisca delle competenze migliori e a quello pubblico restino quelle residuali. È quello che è successo nel mio ministero, che negli ultimi vent'anni ha subìto un depauperamento di competenze, al punto che moltissime cose non siamo più in grado di farle. Il sistema pubblico deve essere più forte se vuole confrontarsi alla pari con quello privato».

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