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19 aprile 2024, Aggiornato alle 18,53
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Armatori

Shipping salato, Federagenti: basta coi complotti

Il presidente Santi chiede il ritorno alla normalità del dibattito, senza dimenticare il ruolo fondamentale per l'approvvigionamento da parte delle compagnie marittime

(Peter Rintels/Flickr)

L'esponenziale aumento dei noli dell'ultimo anno non è la dittatura degli armatori, né un chirurgico gioco all'opportunismo imprenditoriale che cerca il massimo profitto. Le ragioni sono più complesse di così. I cartelli non esistono e non ci sono complotti per rallentare la ripartenza dell'economia mondiale. Lo chiarisce Alessandro Santi, presidente di Federagenti, ora che il dibattito pubblico intorno a un fenomeno oggettivo, che sta facendo preoccupare anche l'agroalimentare, ha assunto i contorni della polemica, tra l'altro innescate «da soggetti che avrebbero istituzionalmente l'interesse di coltivare un rapporto positivo con i grandi gruppi armatoriali». 

«È vero, i noli sono aumentati e di molto - spiega Santi - ma è sufficiente scorrere l'andamento del mercato dei noli dal 2010 a oggi per trovare risposte sorprendenti. Per oltre un decennio le grandi compagnie di trasporto container hanno navigato in rosso senza alcuna possibilità di coprire i 'running cost', per non parlare degli oneri finanziari che questi gruppi hanno affrontato per rinnovare le flotte o le incertezze che oggi si trovano a fronteggiare anche nella chiave della transizione energetica. Tanti gruppi sono spariti, falcidiati dalla crisi e dai noli bassi; altri hanno continuato a investire con noli che di certo facevano arricchire altri anelli della catena logistica».

«E allora oggi appare opportuno - afferma Santi - abbassare i toni e porsi alcuni interrogativi. Cosa sarebbe successo se gli armatori all'inizio della pandemia avessero deciso di fermare le navi in attesa di tempi migliori invece di organizzare sistemi di sicurezza sanitaria e di gestione del personale imbarcato e a terra? Penso anche alla rete degli agenti marittimi. Sistemi che hanno garantito a tutti i paesi del mondo di continuare a vivere e produrre; equipaggi che sono rimasti a bordo delle navi ininterrottamente anche per nove mesi senza poter ritornare a casa e attività svolte a bordo nei vari porti all'inizio della pandemia dalla filiera marittima quando lo status di grande parte dei colletti bianchi mondiali era quello dello 'smart working'. Cosa sarebbe successo e cosa potrebbe succedere in un prossimo futuro se gli armatori non stessero investendo cifre enormi per integrare flotta ed 'equipment', ricordando che la vita di una nave è minimo di trent'anni e che la transizione ecologica impone stringenti limiti emissivi laddove non è certamente chiaro quali saranno le più efficienti tecnologie applicabili nel medio termine? Cosa potrebbe succedere ai consumatori e alle imprese se gli armatori decidessero delle politiche di servizio selettive? Crediamo - conclude il Presidente di Federagenti - che se a queste domande diamo delle risposte di buon senso e non di preconcetto, pensando al mercato e non pensando magari a ritorni a economie di Stato, l'effetto dovrebbe essere quello di ricercare il dialogo e l'efficienza atta a traghettare il sistema complessivo (servizio e costi) verso una nuova normalità diversa dal passato e sostenibile per l'intera filiera».

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