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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Politiche marittime

Nel 2020 il trasporto marittimo italiano ha generato 23 miliardi

Ha contribuito all'economia con 525 mila occupati. Le esportazioni alla base di tutto. Il primo rapporto di Nomisma, commissionato da Assarmatori e Conftrasporto-Confcommercio

(lotsemann/Flickr)

Secondo i dati pubblicati dall'Unione europea nel 2020, l'economia legata alle attività marittime ha generato un valore aggiunto di 218,3 miliardi di euro, dando lavoro a 5 milioni di occupati. Il trasporto marittimo ha contribuito con il 16,3 per cento del valore aggiunto (35,5 miliardi) e l'8,2 per cento dell'occupazione, generando un valore per occupato doppio rispetto alla media dei sei settori appartenenti alla blue economy. Sono i dati più aggiornati del settore, presentati oggi da Assarmatori nella prima edizione del rapporto annuale sullo shipping realizzato da Nomisma e resi noti nel corso del webinar organizzato da Assarmatori e Conftrasporto-Confcommercio dal titolo Lavoro marittimo e investimenti nello scenario post Covid: Shipping, un motore per la ripresa e per il lavoro.

A questo quadro economico l'Italia ha contribuito mediamente per il 10,7 per cento con 525,200 addetti, un fatturato di 80,3 miliardi e un valore aggiunto di 23,4 miliardi. Ha inoltre contribuito con il 2,3 per cento ai posti di lavoro nazionali e con l'1,5 per cento al valore aggiunto nazionale.

Si segnala come, a parte il trasporto marittimo e, in misura minore, lo sfruttamento delle risorse biologiche marine, tutti gli altri settori abbiano registrato cali significativi dell'occupazione rispetto al 2009, mentre gli occupati del settore marittimo sono cresciuti dal 2009 al 2018 con un tasso del 4,6 per cento annuo.

L'importanza delle esportazioni
Il rapporto Nomisma sottolinea che il trasporto marittimo garantisce la continuità territoriale e gli approvvigionamenti in ambito domestico -oltre 6,6 milioni di italiani vivono su un'isola - e costituisce il presupposto indefettibile  per l'interscambio commerciale, gestendo oltre la metà del volume importato ed esportato delle merci. Dopo la crisi del 2008 il traino principale del PIL è stato rappresentato dall'export. Negli anni più difficili della seconda ondata della crisi (2011-2013), a fronte del forte calo dei consumi interni e degli investimenti fissi, l'unico contributo positivo al PIL è stato per molto tempo rappresentato dalla dinamica economica legata all'esportazione. È ipotizzabile che, anche nella lunga e difficile fase di uscita dall'attuale emergenza Covid, l'export possa avere analogo ruolo e quindi riprendersi prima dei consumi interni. Poter contare su una industria marittima efficiente e capillare, oltreché versatile nell'offerta, appare dunque esiziale per gli interessi nazionali. 

L'anno della pandemia
Il dato Assarmatori sui movimenti portuali 2020, come atteso, ha visto un forte ridimensionamento: crociere (-94,6%), traghetti (-46,7%) e trasporti locali (-49,2%). I dati relativi al trasporto merci, per contro, hanno registrato variazioni meno significative, con un incremento del segmento container in termini di tonnellate trasportate del 2,7 per cento. Nel corso del 2020 le imprese di navigazione operanti servizi di collegamento insulare e nelle autostrade del mare nazionali ed internazionali hanno registrato, su base annua, una perdita di passeggeri del 56 per cento che comporta una perdita di fatturato del 50 per cento. Allo stesso modo, le imprese attive nei settori dei trasporti marittimi di corto raggio, prevalentemente insulari, hanno registrato nel 2020 una riduzione di passeggeri di circa il 53 per centi con conseguenti perdite di fatturato del 50 per cento rispetto all'anno precedente.

Durante il periodo di lockdown generale (9 marzo - 3 giugno 2020) la riduzione dei passeggeri, se confrontata al biennio precedente, è stata prossima al 100 per cento. La ripresa si è registrata tra il secondo e il terzo trimestre con la fine del lockdown, compensando però solo parzialmente le ingenti perdite subite. Il crollo più consistente si è verificato nel settore crocieristico: il 2020 si è chiuso con un totale di 796,800 passeggeri movimentati nei porti italiani tra imbarchi, sbarchi e transiti, pari a -93,5 per cento sul 2019, quando in Italia erano stati movimentati circa 12 milioni di crocieristi. La movimentazione di questi passeggeri è tornata ai valori del 1993. 

Il contributo all'economia italiana in termini di produzione, occupazione e risparmio di costi esterni
In termini di produzione e occupazione, il settore marittimo nel complesso (merci e passeggeri), fino a prima della pandemia ammontava in Italia a 12,670 miliardi di euro a fronte di 48,807 posti di lavoro, che per effetto delle rotazioni degli equipaggi significa un coinvolgimento ogni anno di oltre 66 mila lavoratori. Tali dimensioni riguardano l'industria dello shipping in senso stretto e non l'intero cluster marittimo, che secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Ue in Italia genera un valore aggiunto di 35,6 miliardi con 408 mila occupati.

È rilevante il contributo ambientale del trasporto marittimo di corto e medio raggio, nella sua funzione di alternativa alla modalità stradale. Si stima infatti che la quota di veicoli-km sottratti al trasporto stradale sulle tratte nazionali abbia generato nel solo anno 2017 un risparmio in costi esterni pari a 264 milioni in termini di inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, incidentalità, congestione e rumore.

Il contributo dello Stato
Il settore del trasporto marittimo è destinatario di numerose agevolazioni fiscali e contributive, per far fronte al rischio di delocalizzazione delle compagnie di navigazione a favore di paesi con una bassa imposizione fiscale e al rischio del ricorso al lavoro marittimo offerto da paesi che consentono condizioni e costi contrattuali più favorevoli. Il regime di aiuti deciso con la legge n.30 del 1998, che ha introdotto il cosiddetto "Registro Internazionale", ha scongiurato entrambe queste eventualità. La più nota tra le misure è l'imposta sul tonnellaggio della nave (tonnage tax) in alternativa ad un regime agevolato di imposta sul reddito. Il lavoro marittimo è agevolato dalla misura che prevede che la contribuzione sociale e l'assicurazione sugli infortuni del personale a bordo delle navi iscritte al registro internazionale sia posta a carico dello Stato. Il lavoro marittimo è ulteriormente incentivato dal credito di imposta riconosciuto al datore di lavoro pari al prelievo sul reddito alla fonte. Per l'anno in corso, per la tonnage tax sono stati stanziati 40,5 milioni di euro e per il credito d'imposta sul reddito delle persone fisiche per i marittimi imbarcati sulle navi iscritte al registro internazionale 113,8 milioni. Ammonta a circa 365 milioni il costo per lo sgravio del personale di bordo erogato nel 2018. A tali risorse si aggiunge l'incentivo Marebonus, stimabile per la parte destinata agli armatori in 14,7 milioni, cioè il 30 per cento dell'importo stanziato.

L'impatto dell'aiuto alla Shipping Industry
A fronte di una produzione diretta di 12,670 milioni, nel 2019 lo shipping italiano ha generato sull'intera economia un impatto complessivo di 37,630 milioni, di cui 18,5 miliardi si devono agli effetti indiretti e 6,4 miliardi sono riconducibili all'indotto. L'impatto complessivo rappresenta il 2,1 per cento del PIL italiano. 48,800 le unità lavorative annue (ULA) direttamente impiegate, attivandone altre 129 mila nei comparti collegati. Passando all'ambiente, la quota di veicoli-km sottratti al trasporto stradale sulle tratte nazionali ha generato nel 2017 un risparmio in costi esterni pari a 264 milioni, in termini di inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, incidentalità, congestione e rumore.

Attraverso l'attivazione diretta, indiretta e indotta del sistema economico nazionale il settore del trasporto marittimo, nel 2019, ha generato versamenti nelle casse dello Stato per 326 milioni di imposte e circa 1,5 miliardi costituiti dai dazi sulle merci imbarcate e sbarcate nei porti nazionali. Ma anche limitandosi al ritorno economico dagli sgravi contributivi per il personale di bordo delle navi che beneficiano dell'aiuto di stato, si può stimare che i 23,639 marittimi imbarcati (dati 2018) diano luogo a una produzione diretta, indiretta e indotta pari a 14,6 miliardi e attivino all'incirca altri 62 mila occupati lungo tutta la filiera dell'economia.

Le prospettive dell'estensione del regime di aiuto alle navi europee 
Il rapporto Nomisma analizza anche i prevedibili impatti della estensione del regime di aiuto imposta dalla Commissione europea. Con la sua decisione C (2020) 3667 dell'11 giugno 2020 la Commissione ha infatti approvato, fino alla fine del 2023, la proroga delle misure italiane di sostegno del settore del trasporto marittimo internazionale richiedendo tuttavia una serie di adeguamenti, il più importante dei quali è l'estensione dei benefici a tutte le navi che battono bandiera di un Paese dell'UE o dello Spazio Economico Europeo (SEE). Una condizione che potrebbe favorire l'aumento dell'occupazione marittima italiana, soprattutto nel mondo delle crociere, settore nel quale il personale italiano è molto ricercato dalle compagnie internazionali. Nel rapporto si è stimato quale sarebbe l'impatto di un incremento del 10 per cento dei marittimi oggi beneficiati dall'aiuto, tenendo conto del costo medio della agevolazione pro capite. A fronte di un costo per lo Stato di circa 36,5 milioni di euro per 2,360 nuovi occupati, vi sarebbe un'attivazione della produzione nazionale lungo tutta l'economia pari a circa 1,5 miliardi. Analogamente, gli occupati aggiuntivi attiverebbero ulteriori circa 6,200 ULA per un totale di circa 8,600 nuovi occupati. Si stimano poi in circa 106,4 milioni i redditi lordi che sarebbero generati nel complesso, con una ricaduta sulla capacità di spesa delle famiglie coinvolte pari a 62,5 milioni, oltre a quanto destinato a risparmio. Il tutto senza considerare l'esistenza di una posizione contributiva attiva a fronte di una inattività lavorativa o di un salario pagato da armatore straniero nell'ambito di un rapporto di lavoro retto da regole contributive nulle o di risibile valore.

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Tag: economia