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03 luglio 2025, Aggiornato alle 15,46
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Logistica

Logistica ferroviaria, mancano 3 mila macchinisti

Nei prossimi tre anni la domanda di lavoro è destinata ad aumentare, per il ricambio generazionale, per i costi di abilitazione e per la fatica che richiede. Confetra vorrebbe più finanziamenti statali

(Rob Dammers/Flickr)

Mancano i macchinisti addetti a movimentare la merce nel comparto logistico soprattutto ferroviario. Lo denuncia Confetra. Nei prossimi tre anni la domanda sarà di circa 3 mila professionisti. Una carenza senza precedenti per il settore, pari a circa il 20 per cento dell'attuale forza lavoro, già colpita da una carenza collaterale, quella degli autisti dei mezzi pesanti, oggi salita, secondo l'International Road Transport Union, a 17 mila persone in Italia, per un totale nel mondo di 560 mila autisti mancanti, una quota cresciuta del 40 per cento in nove mesi.

Perché questa fame di macchinisti? Per una combinazione di fattori, in parte simili alla carenza di autisti, che si possono ridurre a tre: ricambio generazionale, percezione della professione e difficoltà di accesso alla professione. 

Nei prossimi anni saranno in molti ad andare in pensione. Attualmente la maggioranza dei macchinisti in Italia ha un'età superiore ai cinquant'anni, per cui questa quota di 3 mila macchinisti richiesti nei prossimi tre anni sarà destinata a salire per via di un ricambio generazionale in corso. Mancheranno anche capitreno, preparatori treno e manutentori.

Poi c'è il lavoro in sé, che richiede una buona specializzazione all'uso di particolari macchine, alcune usate solo nel settore dei trasporti, in condizioni difficili e logoranti, a volte non riconosciute del tutto dal datore di lavoro. «In anni recenti gli ultimi governi hanno stanziato diversi milioni di euro per supportare la formazione di nuovi autisti e macchinisti, ma i fondi si sono presto esauriti senza risolvere il crescente gap tra domanda e offerta di lavoro», afferma Carlo De Ruvo, presidente di Confetra, secondo il quale «occorre un piano di reclutamento più articolato se non vogliamo mettere in seria difficoltà il settore».

Infine, un altro ostacolo è la burocrazia dei certificati per l'abilitazione, lì dove magari l'offerta di lavoro non è sempre coerente, cioè non richiede sempre le stesse abilitazioni. A norma di legge, i macchinisti devono essere in mossesso di una patente rilasciata dalle imprese ferroviarie o da un centro di formazione riconosciuto dall'Agenzia per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali (ANSFISA). È un'abilitazione che costa e per ottenerla i corsi durano dai sei ai nove mesi. Per finanziare questi corsi, afferma De Ruvo, lo Stato «negli ultimi anni ha previsto 3 milioni di euro per il 2021 e solamente 1 milione di euro per il 2022. Abbiamo bisogno di un maggiore investimento in questa direzione, che permetta agli aspiranti macchinisti di adempiere alle richieste formative».

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