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28 aprile 2025, Aggiornato alle 17,08
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Armatori

Confitarma elogia la forza del Registro

Dal 1998 la flotta è cresciuta molto grazie alla norma che regolamenta la gestione navale. Fa da contraltare una burocrazia lenta e obsoleta, come il regio decreto del 1897 che regolamenta l'igiene medica sulle navi. La relazione di d'Amico all'assemblea degli armatori


di Paolo Bosso 
I problemi dell'armamento italiano possono essere divisi in due categorie. Quelli che riflettono l'andamento del trasporto mondiale, che sono l'eccesso di stiva, il basso costo dei noli e il caro bunker, ovvero i tre fattori portati dalla depressione dei mercati e che cadono sotto il nome di "crisi"; e quelli tipici della nazione italiana, ovvero l'eccesso di burocrazia, la mancanza di infrastrutture solide e di un ministero del Mare che si occupi di trasporto marittimo. Tutti temi trattati dal presidente Confitarma Paolo d'Amico all'apertura dell'assemblea dell'associazione degli armatori italiani. Un'ampia riflessione sullo stato di salute dell'armamento italiano che almeno sul lato della flotta gode di ottima salute: giovane, numerosa e molto efficiente. 
La benedizione del registro internazionale. La nascita del registro internazionale, anno 1998, ha sancito la nascita della flotta italiana moderna. Da allora ha infatti avviato una modernizzazione senza precedenti arrivando oggi a "pesare" 19 milioni di tonnellate di stazza lorda attivando 80mila addetti diretti e 11mila nell'indotto. «Dal 2001 al 2011 – afferma d'Amico – abbiamo investito 37 miliardi di euro in Italia e all'estero». «La flotta italiana – continua – è volano del sistema marittimo che contribuisce al PIL per 39,5 miliardi di euro (2,6% del totale) e dà occupazione a circa il 2% della forza lavoro del paese (447mila persone tra addetti diretti e indiretti).
Tutto questo è l'armamento italiano, composto per il 67% da navi non più vecchie di dieci anni. Certamente le banche giocano un ruolo decisivo in quanto finanziatori, e infatti, da partner di eccellenza, il presidente Confitarma non dimentica di ringraziarle.
Regi decreti ai tempi della Repubblica. In Italia Il contraltare del Registro internazionale è la burocrazia. L'esempio più clamoroso è la norma che regolamenta i servizi igienici medici di bordo: un regio decreto del 1897. «Mi unisco all'appello del presidente Squinzi (Giorgio, presidente Confindustria ndr) per una forte azione volta a contrastare il peso della burocrazia, vero e proprio gap competitivo per il sistema paese che si ripercuote sull'industria» ha detto d'Amico.
Pirateria. La strategia di difesa militare contro la pirateria resta l'unica arma finora adottata contro questo fenomeno, di cui secondo d'amico «il cardine è la legge n.130 dell'agosto 2011». Manca il decreto attuativo per i team privati, i cosiddetti contractors, che per Confitarma rappresentano un tassello fondamentale che se non venisse aggiunto rischierebbe di portare «gran parte della nostra flotta a cambiare bandiera per la mancanza di un provvedimento a costo zero.
La voglia di un ministero del Mare. "Costo zero" è la frase risuonata più spesso alla platea in ascolto, la parola chiave che da tempo non solo gli armatori, ma anche tutti gli operatori del mondo marittimo utilizzano quando chiedono al governo di intervenire nello "svecchiamento" del sistema dei trasporti. «Signor sottosegretario (Guido Improta, ministero delle Infrastrutture e Trasporti), da tempo il mondo marittimo italiano chiede un ministero del Mare», un ente che esiste in molti paesi europei e in Italia no. Questi sono ostacoli che si sommano allo sportello unico doganale, alle strade e alle leggi vecchie quanto un regio decreto. «Non ce lo possiamo più permettere» afferma d'Amico. 
Cabotaggio. Decollati fino a pochi anni fa, forti di ecobonus e convenzioni pubbliche, oggi il cabotaggio deve vedersela con una vera e propria crisi. Tirrenia è finita, o quasi, e ormai è privatizzata, il che non è un male secondo d'Amico («L'unione non è mai stata indice di debolezza ma di forza»), ma oggi il settore deve vedersela con una concorrenza extraeuropea spietata e scorretta i cui nomi sono Tunisia e Grecia: quest'ultima «può attuare impunemente una palese violazione delle regole sulla nazionalità degli equipaggi a bordo di traghetti italiani», la prima «continua a vietare l'approdo nei suoi porti ad alcune navi italiane», «nel frattempo le navi tunisine hanno continuato a operare negli scali italiani senza alcuna difficoltà».
Il futuro è il 21 agosto dell'anno prossimo, quando entrerà in vigore la Convenzione sul lavoro marittimo adottata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2006. Interesserà un milione di marittimi e stabilirà i nuovi diritti sul lavoro della "gente di mare". «Sarà molto importante – conclude d'Amico – che alla data di entrata in vigore le navi nazionali siano adeguatamente certificate».