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11 ottobre 2024, Aggiornato alle 17,23
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Ambiente, niente fondo da 5 miliardi per lo shipping. Per ora

Alla fine, il MEPC dell'International Maritime Organization non ha discusso né approvato il sistema autofinanziato dagli armatori per sviluppare le navi a zero emissioni del futuro. Platten (ICS): "Una delusione"

Il segretario generale dell'IMO, Kitack Lim (International Maritime Organization/Flickr)

Il Comitato per la protezione dell'ambiente marittimo dell'International Maritime Organization (IMO), che si è concluso ieri, non ha approvato, alla fine, il fondo da 5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo - finanziato dagli armatori - per accelerare le tecnologie utili ad abbattere i gas serra delle navi.

Il Comitato serve ad aggiornare l'amministrazione dell'organismo internazionale regolatore dello shipping sulle normative ambientali che riguardano il settore. In questo caso il vertice, durato dal 22 al 26 novembre, è servito per allineare l'IMO agli accordi della COP26, in vista dell'assemblea annuale dell'organismo ONU che si terrà dal 6 al 15 dicembre, a cui seguirà la riunione del Consiglio il giorno successivo. Non è ancora detto che il fondo non verrà approvato in successive riunioni, oppure alla riunione del prossimo Comitato, l'anno prossimo, anche se gli operatori hanno sempre sottolineato che queste sono decisioni da prendere subito.

Il segretario dell'International Chamber of Shipping, Guy Platten (cioè l'associazione internazionale degli armatori) spinge da almeno un anno alla creazione del fondo da 5 miliardi. «È quasi come se la COP 26 non fosse mai avvenuta», ha detto commentando il settantasettesimo Marine Environment Protection Committee. «Continueremo a lavorare con i governi per concordare una serie di misure che l'industria marittima ha proposto, incluso il fondo di ricerca e sviluppo da 5 miliardi di dollari come passo immediato, a cui seguirà una tassa sulle emissioni di anidride carbonica per lo shipping», che servirà a finanziarlo. «L'adozione di entrambe queste misure – continua - sarà l'unico modo per ottenere emissioni nette pari a zero dal trasporto marittimo entro il 2050».

Se il fondo di ricerca e sviluppo non verrà approvato, «temiamo- conclude Platten - che questo segnalerà al mondo, dopo la COP 26, che l'IMO non è più seriamente intenzionata a mantenere la sua leadership sulle questioni relative ai gas serra e che altri potrebbero poi intervenire per colmare il vuoto». 

La questione principale che il fondo solleva e cerca di risolvere è che le politiche ambientali dei governi dei paesi industrializzati rischiano di vanificare gli sforzi che lo shipping sta facendo da anni in ricerca e sviluppo per adattare l'industria marittima agli standard dell'International Maritime Organization, quelli maturati nel 2018 con la green house strategy dell'IMO, che prevede nel 2030 un taglio del 40 per cento delle emissioni di anidride carbonica, e fino al 70 per cento nel 2050 (comparate alle emissioni del 2008). Succede che l'attività di governo è poco armonizzata con l'attività di impresa, creando una situazione che si sviluppa con estrema lentezza: la ricerca non sa dove spingere non avendo imput chiari dalle politiche delle nazioni, le quali non hanno a loro volta ben chiaro su quale tecnologia verde è più conventiene puntare sul fronte del trasporto. Da qui la proposta di investire altri 5 miliardi nel settore, per avviare un processo di innovazione che così com'è rischia di bloccarsi, o di avere uno scarso impatto sulle politiche ambientali degli Stati nazionali, sulla comunità finanziaria e sul settore marittimo. L'International Chamber of Shipping chiama questo fenomeno "iceberg finanziario", che accade quando la pressione regolatoria ad adattarsi ai nuovi limiti sulle emissioni va più veloce della capacità della catena di approvvigionamento di tenere il passo.

Per la Camera di commercio internazionale dello shipping i carburanti alternativi a quelli fossili sono tre: l'ammonica, l'idrogeno e le batterie elettriche. Tre propulsori, tre alimentatori ausiliari, tre strumenti per abbattere le emissioni inquinanti dei mercantili che circolano nel mondo, circa 70 mila, battenti per lo più bandiera di Indonesia, Panama, Giappone, Cina, Stati Uniti, Singapore. Il problema è che questi tre combustibili non sono facilmente reperibili, non sono stoccati in gran quantità e manca del tutto una loro distribuzione su larga scala. In altre parole, sono combustibili appena sperimentati sulle navi. La strada per vederli usati come standard è ancora molto lunga, e richiederà risorse economiche enormi. Da qui la proposta del fondo da 5 miliardi.

Tag: imo - ambiente