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28 marzo 2024, Aggiornato alle 12,19
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Portarinfuse secche, un altro anno difficile

Continuerà a soffrire anche nel 2016 il mercato di settore. Lo confermano gli esperti intervenuti all'incontro organizzato dal Propeller Club of Genoa


Il 2016 sarà un anno difficile per il mercato dei noli dei carichi secchi. Su questo punto hanno concordato tutti gli esperti intervenuti nel corso della serata organizzata la settimana scorsa dal Propeller Club of Genoa, in cui si è discusso della situazione del settore delle portarinfuse secche.

Il primo a sottolineare le difficoltà e le contraddizioni attuali di questo segmento dello shipping, riferisce l'Agenda Confitarma, è stato Massimo Granieri, responsabile dry cargo di Banchero&Costa, che non vede soluzioni a breve scadenza nel corso di quest'anno. Anche Alcide Ezio Rosina, presidente di Premuda e vicepresidente di Confitarma, ha sottolineato che il surplus di navi e la scarsa merce sono la causa di noli molto bassi che non coprono "nemmeno la metà dei costi vivi di gestione della nave. Le cose sono andate in crisi nel 2009, con un calo della redditività delle navi e del loro valore. Ma bastava un minimo miglioramento e la risposta era un boom di costruzioni di navi. Un'enorme massa di capitali finanziari si è riversata sullo shipping – ha aggiunto Rosina –, in più i cantieri abbassavano i prezzi e le banche erano disponibilissime a finanziare: risultato nuove navi. Anche se il mercato era sceso, fino al 2014 il nolo che l'armatore riceveva era sufficiente per coprire i costi di gestione della nave e parte degli interessi". Fabrizio Vettosi, managing director di Venice Shipping and Logistics spa e Consigliere Confitarma, ritiene che sia ormai cambiato il modello di business e lo shipping deve adottare nuovi schemi di ragionamento: "Al centro per l'armatore c'è sempre stata la nave, invece deve capire gli aspetti macroeconomici e geopolitici".

In particolare, nel futuro la Cina come grande importatore e grande armatore di materie prime giocherà un ruolo importante sui mercati delle drybulk maggiori che si concentreranno sulle rotte Cina-Australia e Cina-Brasile, mentre le dry-bulk minori, che non interessano la Cina, risentiranno della concorrenza delle portacontenitori. Anche se non vi è una unica soluzione, la demolizione delle unità obsolete, il disarmo temporaneo di altre ed eventualmente pool di armatori come è già stato fatto
nel settore cisterniero potrebbero aiutare a ritrovare la strada della ripresa.