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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Maersk e Lloy'd Register: bunker spesa più grossa per gli armatori

Il mercato non guiderà la decarbonizzazione. Ci sarà bisogno della politica e dei suoi incentivi, alla faccia della "mano invisibile"

La sala macchine di un mercantile (wilhelmsen)

Confermando altri studi fatti sull'argomento, anche il Lloyd's Register e Ap Moller Maersk sono arrivati alla conclusione che dall'anno prossimo il combustibile super raffinato a bassissimo tenore di zolfo (obbligatoriamente non oltre lo 0,5 per cento di massa/massa, sette volte meno i livelli attuali consentiti) sarà la principale voce di spesa degli armatori, ben oltre la spesa in tecnologie di filtraggio dell'aria, che sia attraverso nuovi motori o "marmitte catalitiche" come gli scrubber.

OPEX più che CAPEX
Secondo uno studio realizzato dalla società di classificazione e dal gruppo armatoriale danese, le compagnie non devono temere tanto gli scrubber, i motori di nuova generazione o il gas naturale liquefatto quanto le operating expense (OPEX) – i costi di gestione - e non le capital expenditure (CAPEX) – i costi di mantenimento, acquisizione e implementazione. In questo caso il bunker, non la nave.

«Il prezzo aggiuntivo per costruire una nave con nuovi serbatori e motori è una voce molto piccola del totale, perché il CAPEX è spalmato sulla durata della vita della nave. Gli armatori devono investire  progettando una nave che può funzionare con più carburanti», spiega Katharine Palmer, responsabile Sostenibilità del Lloyd's Register.

Qual è il bunker meno caro? Nessuno
Lo studio ha analizzato le prestazioni economiche delle navi a zero emissioni, la tecnologia dei carburanti, la configurazione dei macchinari, la sicurezza di bordo e ambientale. La cosa curiosa che emerge è che i vari bunker alternativi (gas, ammoniaca, idrogeno) hanno più o meno gli stessi prezzi in proiezione ed è quindi impossibile sapere adesso quale sarà quello che vincerà.

Altro che "mano invisibile"
Un'altra cosa importante che sottolineano Lloyd's List e Maersk è che il mercato non guiderà la decarbonizzazione. Ci saranno problemi di approvvigionamento. È quindi necessario, come sempre in questi casi, un intervento politico, un regime di incentivi per esempio, per innescare nel mercato questa transizione. Alla faccia della "mano invisibile".

«Il prossimo decennio richiederà la collaborazione dello shipping», afferma Alastair Marsh, amministratore delegato di Lloyd's List. «Gli armatori – continua – devono investire sulla flessibilità del carburante che in questa fase di transizione rappresenta più una spesa operativa che di capitale».

«Tra soli undici anni, nel 2030, dovremmo vedere le prime navi senza emissioni di anidride carbonica. È un punto di svolta che richiede una collaborazione tra ricercatori, regolatori, sviluppatori tecnologici, clienti e fornitori di energia», afferma Soren Toft, chief operating officer di Maersk.

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