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Armatori - Cultura

"London Valour", quel naufragio che a Genova tutti ricordano

La nave affondò in porto nell'aprile del 1970 a causa di una libecciata eccezionale


di Decio Lucano - DL Notizie

Avevo organizzato negli anni '70 col Club dei Capitani, al ristorante di Piazza Marsala, un incontro col capitano Rinaldo Enrico, dopo la tragedia della London Valour. Lui, in elicottero e Giuseppe Telmon con la sua CP 233 in un mare di nafta durante il soccorso ai naufraghi, i due comunicavano a gesti, incredibile, non erano sintonizzati allora sulle loro frequenze radio. E poi, avevo tenuto, e perduto con gli anni, la carta settimanale del barografo del Nautico, la cui striscia in "caduta" indicava chiaramente - quel giorno – la depressione in arrivo facendo scendere rapidamente la punta del cursore; segnale inequivocabile dell'arrivo di una grossa perturbazione meteomarina che consigliava alle navi alla fonda di prendere il largo.

Ma la London Valour aveva le macchine in riparazione, non poteva muoversi, e fu sbattuta sulla diga dai marosi. Non ho altri precisi ricordi personali, tranne, come molti genovesi, di aver assistito dall'alto della città al dramma. C'era anche la pilotina in mare, il comandante era Aldo Baffo, riuscì a salvare con abnegazione e coraggio qualche marinaio inzuppato dal petrolio. I rimorchiatori e altri mezzi non potevano fare oramai più nulla, forse qualche ora prima che si scatenasse l'inferno un loro intervento avrebbe evitato i venti morti dell'equipaggio. Ma sono solo congetture. 

Il 9 aprile 1970 la London Valour era già un simulacro di pezzi dello scafo sulla diga foranea. Conservo la fotografia dell'ultima nave a entrare in porto, la m/n Canguro Verde della compagnia Traghetti Sardi al comando del capitano Aurelio Cosatto, un caro amico, un abile capitano che, in pensione, percorrerà le rotte dell'Atlantico sotto bandiera norvegese al comando di car carriers e che mi aveva dato la fotografia con la London Valour già incastrata all'imboccatura. Il traghetto, con le macchine a tutta forza, sembra un motoscafo o un siluro con il mare a murata, quasi in coperta, sembra inabissarsi, ma riesce a entrare nel porto che verrà subito dopo chiuso al traffico.

L'epilogo
Il capitano Giovanni Negro, oltre che caro amico è un compagno di studi al Nautico San Giorgio, era comandante dei rimorchiatori di altura dei RR Genova. Nell'ottobre 1971 al comando del rimorchiatore Genua rimorchiò il relitto della London Valour insieme al rimorchiatore Torregrande del comandante Carlo Gatti al largo della Baleari dove sarebbe affondato nella sua naturale tomba marina secondo le disposizioni ufficiali. Un rimorchiatore olandese al seguito pompava nel relitto milioni di palline di polistirolo per tenerlo a galla. A 50 miglia da Imperia le condizioni del tempo anticiparono l'affondamento nella notte dell'ottobre 1971 in una esplosione aerea di migliaia di palline. La condanna (si fa presto) del comandante della London Valour da parte della magistratura inglese non tenne conto delle concause del sinistro. Le macchine in riparazione da giorni e non operative rendevano la nave se non all'ancora un galleggiante inerte; la Capitaneria sapeva che si stava avvicinando una libecciata eccezionale (vedi il mio barografo il cui pennino aveva tracciato la curva discendente della tempesta)? Forse bisognava mettere in atto misure di prevenzione, avvertendo il comando della London Valour di mettere in salvo l'equipaggio? Per i rimorchiatori, ormai, era troppo tardi. Sono congetture? 
 

Tag: storia - navi