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18 marzo 2024, Aggiornato alle 16,46
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L'equilibrio tra domanda e offerta è saltato. Rapporto UNCTAD sul trasporto marittimo

Il "review" di quest'anno, oltre a fotografarne lo stato di salute, sottolinea come lo shipping abbia bisogno di una profonda riorganizzazione per resistere alle crisi cicliche e quanto il mercato dei container tenda al monopolio


a cura di Paolo Bosso

La Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) nel rapporto annuale sul trasporto marittimo (quello del 2022) sottolinea quanto sia necessario un riequilibrio della catena logistica di approvvigionamento globale, quella la cui ossatura è costituita dallo shipping. In primo luogo, ci sarebbe bisogno di un maggiore equilibrio tra domanda e offerta: le merci non riescono ad essere trasportate tutte nel momento in cui vengono spedite, cosa che ingolfa la distribuzione, rallenta le consegne e aumenta i costi di trasporto, oltre (ma in misura minore) quelli di consumo. Infine, ci sarebbe bisogno di riequilibrare il mercato della logistica combinata marittimo-terrestre, quella intermodale, oggi sempre più sbilanciata sugli armatori, a scapito di spedizionieri e autotrasportatori. In sintesi, da un lato maggiori investimenti sulle catene di approvvigionamento marittimo e dall'altro un'azione di vigilanza costante delle antitrust. I porti, le flotte e i collegamenti con l'entroterra devono essere meglio preparati per le future crisi globali, i cambiamenti climatici e la transizione energetica. La crisi della catena di approvvigionamento degli ultimi due anni ha mostrato una discrepanza notevole tra domanda e offerta di capacità logistica marittima, cosa che ha portato a picchi notevoli nelle tariffe di trasporto, a congestioni nei porti e a cicliche interruzioni della catena logistica.

Leggi il Review of Maritime Transport 2022 dell'UNCTAD

Nello shipping uno dei settori che sta vivendo le trasformazioni più profonde è quello del trasporto container. Il rapporto dell'UNCTAD afferma che è quello che negli ultimi anni ha accelerato il consolidamento orizzontale attraverso fusioni e acquisizioni e quello verticale con una presenza sempre più capillare nei servizi logistici di terra. Un cambiamento radicale, considerando che tradizionalmente gli armatori dei container sono proprietari di navi e gestori di terminal portuali mentre oggi si configurano anche come imprese logistiche, coprendo tutta la catena ed entrando in competizione diretta con spedizionieri e autotrasportatori, con la differenza però che gli armatori, per via dello status d'impresa, paghino molte meno tasse (e quindi dispongano di molte più risorse da investire) delle società di spedizione e di autotrasporto. Tra il 1996 e il 2022 le prime venti compagnie marittime di container hanno aumentato la loro quota di capacità di trasporto di container dal 48 al 91 per cento. Negli ultimi cinque anni i quattro maggiori vettori hanno aumentato le loro quote di mercato fino a controllare più della metà della capacità globale. Il numero di società che forniscono servizi a importatori ed esportatori è diminuito in 110 paesi, in particolare nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, dove a volte un duopolio di soli due vettori è sceso al monopolio di uno. Il consolidamento del mercato comporta una concorrenza ridotta, un'offerta limitata e può portare ad abusi di potere di mercato con prezzi più elevati per i consumatori. Per via di questo squilibrio tra compagnie marittime, offerta, domanda e concorrenza, l'UNCTAD esorta a rafforzare la cooperazione internazionale sulle pratiche anticoncorrenziali transfrontaliere nel trasporto marittimo.

Anche il sovradimensionamento delle navi desta preoccupazione. Tra il 2006 e il 2022 le dimensioni delle navi portacontainer più grandi del mondo sono più che raddoppiate, passando da un massimo di 9,380 TEU di capacità a 23,992 TEU. Le dimensioni delle navi che approdano in ciascun paese marittimo sono quasi triplicate, crescendo più velocemente dei volumi di carico.

I vincoli dell'offerta logistica combinati con un aumento della domanda di beni di consumo e della vertiginosa crescita del commercio elettronico durante la pandemia hanno spinto le tariffe di trasporto spot dei container a livelli cinque volte superiori rispetto a quelli del 2019, raggiungendo un picco storico all'inizio del 2022 e aumentando notevolmente i prezzi al consumo. Le tariffe sono diminuite dalla metà del 2022 ma rimangono elevate per i carichi di bordo delle petroliere e delle gasiere a causa della crisi energetica in corso. Le tariffe di trasporto di rinfuse secche sono aumentate a causa della guerra in Ucraina e in misura minore per la pandemia e le interruzioni della catena di approvvigionamento. Una simulazione dell'UNCTAD prevede che l'aumento dei prezzi dei cereali e delle tariffe di nolo nelle rinfuse secche potrebbe portare a un aumento dell'1,2 per cento dei prezzi dei prodotti alimentari al consumo, con aumenti più elevati nei paesi a medio e basso reddito.

Le navi trasportano oltre l'80 per cento delle merci scambiate a livello globale, con una percentuale ancora più elevata per la maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Da qui l'urgente necessità di aumentare la resilienza agli shock che interrompono le catene di approvvigionamento, alimentano l'inflazione e colpiscono maggiormente i più poveri. «Dobbiamo imparare dall'attuale crisi della catena di approvvigionamento e prepararci meglio per le sfide e le transizioni future. Ciò include il miglioramento delle infrastrutture intermodali, il rinnovo della flotta e il miglioramento delle prestazioni portuali e dell'agevolazione degli scambi», ha affermato il segretario generale dell'UNCTAD, Rebeca Grynspan, «senza ritardare - conclude - la decarbonizzazione dello shipping».

«Se c'è una cosa che abbiamo imparato dalla crisi degli ultimi due anni è che i porti e lo shipping sono molto importanti per un'economia globale ben funzionante», ha affermato Shamika N. Sirimanne, direttore della divisione tecnologia e logistica dell'UNCTAD, invitando i paesi industrializzati e in via di sviluppo a valutare attentamente i potenziali cambiamenti nella domanda di trasporto marittimo, a sviluppare e aggiornare le infrastrutture portuali e i collegamenti con l'entroterra coinvolgendo il settore privato. Inoltre, si dovrebbe rafforzare la connessione dei servizi portuali, espandere la capacità di stoccaggio e ridurre al minimo la carenza di manodopera e attrezzature. Infatti, molte interruzioni della catena di approvvigionamento possono essere alleviate attraverso soluzioni relativamente veloci ma forse non tanto economiche, come la digitalizzazione dello sdoganamento portuale con annesso utilizzo massimo dei pagamenti elettronici.

Il rapporto mostra che tra il 2020 e il 2021 le emissioni totali di anidride carbonica della flotta mercantile mondiale sono aumentate del 4,7 per cento, con la maggior parte degli aumenti provenienti da navi portacontainer, rinfuse solide e navi da carico generali. Vengono anche sollevate preoccupazioni per l'aumento dell'età media delle navi, che attualmente è di 21,9 anni, che scende a 11,5 anni rapportando l'età alla capacità di carico. Le navi tendono a circolare più vecchie soprattutto perché c'è incertezza su quali carburanti alternativi utilizzare, e quindi su quali navi far costruire per sostituire quelle attuali. Secondo il rapporto, il commercio marittimo internazionale è ripreso in modo significativo nel 2021 con una crescita stimata del 3,2% e spedizioni complessive di 11 miliardi di tonnellate. Si tratta di un miglioramento di 7 punti percentuali rispetto al calo del 3,8% nel 2020.

Il commercio marittimo africano nel 2021 è aumentato del 5,6% rispetto al 2020. L'Asia è rimasta il principale centro mondiale di movimentazione delle merci marittime nel 2021, rappresentando il 42 per cento delle esportazioni e il 64 per cento delle importazioni. L'America Latina e i Caraibi hanno registrato un aumento del 3 per cento del commercio marittimo nel 2021.

Per il 2022, l'UNCTAD prevede una crescita del commercio marittimo globale moderata all'1,4 per cento. E per il periodo 2023-2027 si prevede un'espansione a una media annua del 2,1 per cento, un tasso più lento rispetto alla media dei tre decenni precedenti del 3,3 per cento.

Tag: economia