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09 maggio 2025, Aggiornato alle 16,18
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Armatori

Grecia, Tsipras sfida i privilegi degli armatori

Godono degli aiuti di Stato ma non pagano le tasse sui profitti fatti all'estero (140 miliardi in dieci anni). Tutto garantito dalla Costituzione, all'articolo 107


L'articolo 107 della Costituzione della Grecia è quanto mai attuale per analizzare gli sviluppi politici ed economici del paese all'indomani della vittoria di Tsipras e delle sue promesse di far ripartire il paese, modificando gli assetti che hanno contribuito a provocare un disastro economico e finanziario. 

In base all'articolo 107, gli armatori greci sono esentati dal dover pagare tasse sui profitti che provengono dalle proprie attività all'estero. L'articolo riconosce l'importanza che la flotta armatoriale ha per la Grecia e per la sua economia, ma al tempo stesso comporta una rinuncia a una grande quota di introiti fiscali.

È ben nota la posizione di potere che hanno le compagnie greche nello scenario mondiale: 16% della flotta mondiale, prima flotta al mondo per tonnellaggio e primo paese per ordini di navi da consegnare nei prossimi anni. Le fortune e le risorse accumulate nei decenni hanno fatto sì che gli armatori potessero aumentare sempre di più le proprie attività e i propri interessi fuori dal paese, ma anche mantenere una salda presenza in patria. Tra i vari modi in cui gli armatori hanno gestito i propri interessi interni, c'è sicuramente un rapporto con la politica nazionale che, come ineluttabile in casi come questi, dove le dimensioni e le risorse sono enormi, diventa ambiguo: oltre a vedere sempre riconosciuto il beneficio costituzionale, gli armatori hanno spesso finanziato le televisioni greche, da sempre in perdita, garantendo così un immediato accesso della politica alle case dei greci, e garantendo una vivacità di programmi di informazione e discussione politica che altrimenti sarebbe stato difficile organizzare. 
 
La vittoria di Alex Tsipras potrebbe innescare nuove dinamiche nel rapporto con gli armatori greci. Come primo provvedimento il governo ha deciso di bloccare la privatizzazione del Pireo: secondo gli accordi precedenti, si sarebbe dovuto provvedere alla cessione del 67% del porto, con diverse compagnie ancora in gara, tra cui la cinese COSCO, che negli ultimi anni ha investito molto nel porto di Atene, facendo aumentare il traffico dei container, passato dai 660mila teu del 2009 ai 3 milioni del 2013.
 
Ma il neo governo greco non ha intenzione di fermarsi qua, e sta pensando a una revisione dell'articolo 107. Il muro degli armatori greci rende difficile sapere a quanto ammontino i profitti realizzati all'estero, ma secondo alcune stime, tra il 2000 e il 2010 si potrebbe ipotizzare una cifra di circa 140 miliardi di euro, completamente fuori il controllo dell'erario. Il debito pubblico della Grecia è di circa 300 miliardi di euro.
D'altro canto l'industria marittima rappresenta il 5% del PIL, conta circa 300mila lavoratori, ed è di vitale importanza per l'economia nazionale, seconda solo al turismo. Le mosse del governo finora sono esplorative, per cercare di capire i reali effetti se si decidesse di tassare le decine di miliari di euro che garantirebbero introiti preziosi per una spesa pubblica tale da far ripartire il paese, senza dover ricorrere al condizionamento e all'austerità della Troika. 

Fin ora gli armatori greci hanno sempre saputo difendere la propria posizione, senza però evitare di partecipare alla richiesta di aiuti dello Stato. Infatti due anni fa hanno negoziato con l'allora premier Samaras una tassa di solidarietà del 4% sulle spese delle loro aziende situate in Grecia, valida solo per alcuni anni. Questo porterà tra il 2014 e il 2017 entrate nelle casse dello Stato per circa 450 milioni. Ma davanti la "minaccia" della modifica dell'articolo 107, il discorso è diverso. 
 
Se il governo vorrà percorrere questa strada, e modificare l'articolo, la risposta degli armatori è semplice: trasferirsi altrove, con paesi come Dubai, Singapore e altri pronti ad accoglierli a braccia aperte. E il rischio per la Grecia è di perdere imprenditori, posti di lavoro e (un po') di introiti garantiti. La partita è aperta, ma chissà a chi conviene realmente giocarla.
 
(Ren. Imbr.
 
 
Nell'immagine in alto Aristotele Onassis, armatore greco