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13 dicembre 2024, Aggiornato alle 09,20
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Con la pandemia il settore marittimo perde il 60%. L'indagine Ecsa

Il rapporto dell'European Community Shipowners' Associations valuta anche le misure nazionali e comunitarie messe in atto per alleviare la situazione


I segmenti più colpiti dall'emergenza Covid-19 sono traghetti, crociere, vettori automobilistici e navi di servizio offshore. Il calo del fatturato ha raggiunto un livello superiore al 60%. Lo dice un'indagine condotta dall'Ecsa-European Community Shipowners' Associations per comprendere meglio l'impatto economico della pandemia sul settore marittimo, valutando le misure nazionali e comunitarie messe in atto per alleviare la situazione.

L'indagine Ecsa

I risultati dell'indagine, riferisce Confitarma, mostrano che importanti segmenti dell'industria marittima europea sono fortemente colpiti e che le misure europee o nazionali non sempre sono idonee in tutti gli Stati membri per alleviare la situazione. Il trasporto marittimo europeo sta affrontando un momento critico di fronte all'attuale pandemia. Le compagnie di navigazione, i noleggiatori, gli operatori, gli armatori, gli equipaggi e il personale di terra stanno affrontando difficoltà crescenti nel proseguire le loro operazioni. Si sono registrate significative perdite immediate di fatturato e un grave declino dell'occupazione.

Ad eccezione delle petroliere, tutti gli altri segmenti hanno registrato perdite immediate significative. Come detto, sono colpiti dallo stop delle attività traghetti, crociere, vettori automobilistici e navi di servizio offshore, con un calo delle entrate di almeno il 60%. Gli intervistati hanno segnalato che è prevista una certa ripresa nel resto dell'anno rispetto all'impatto economico immediato, tuttavia le perdite di fatturato rimangono significative in tutto il settore, ad eccezione del settore delle navi cisterna. L'impiego della gente di mare e del personale di terra segue schemi molto simili con una forte diminuzione della gente di mare nei segmenti più colpiti e meno per il personale di terra. Mentre per il personale di terra le aziende possono fare riferimento a misure nazionali, per quanto riguarda i marittimi i regimi nazionali si applicano solo ai cittadini, tralasciando altre nazionalità.

Uno dei risultati meno rassicuranti emersi dal rapporto è la mancanza di misure nazionali, regionali o locali messe in atto per fronteggiare i problemi di liquidità o di misure non applicabili al settore marittimo. Nel caso in cui esistano misure, le banche non offrono tali opzioni nella pratica; e quando lo fanno, l'onere amministrativo e i costi superano i benefici. Una tendenza preoccupante è che i segmenti più colpiti che hanno maggiormente bisogno di assistenza finanziaria sono proprio quelli che non la ricevono.

Prospettive per lo shipping europeo nel 2020
Con un bilancio così pesante sul finanziamento e sull'occupazione, l'industria marittima europea non prevede un pieno ritorno al livello pre-crisi delle attività nel corso del 2020. Mentre oltre la metà delle società che hanno risposto mantiene una prospettiva positiva sul ritorno al livello di occupazione pre-crisi, gli investimenti pianificati dovranno essere annullati o sospesi. Questo è certamente il caso degli investimenti nella riduzione delle emissioni atmosferiche: solo il 26% ritiene di poter procedere come previsto, il 30% procederebbe in misura minore, mentre il 44% non è più in grado di effettuare tali investimenti. Questa è una grave battuta d'arresto per l'industria marittima, che è pienamente allineata con gli obiettivi dell'Imo di riduzione di Co2 nel 2050 e che ha dato pieno supporto alla nuova Commissione europea per l'ambizioso progetto dell'Ue di essere il primo continente al mondo a emissioni zero.