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26 luglio 2024, Aggiornato alle 19,41
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Infrastrutture

Clima estremo, i porti italiani sono protetti?

Se lo chiede Federagenti, all'indomani delle mareggiate dei giorni scorsi e degli smottamenti sull'isola di Ischia

(Scott Pena/Flickr)

All'indomani della tragedia di Ischia, e a dieci giorni dalle grandi mareggiate che hanno interessato parecchie zone della penisola, Federagenti si chiede se i porti sono protetti a sufficienza contro queste calamità. «Dopo quello sul dissesto idrogeologico – afferma il presidente Alessandro Santi - si pone oggi il quesito cogente sulla capacità delle attuali infrastrutture portuali di sopportare l'impatto dei fenomeni atmosferici derivanti dal cambiamento climatico in atto. Un quesito che riguarda le strutture esistenti ma anche la necessità di prevedere nuove opere per la protezione dei principali bacini portuali del Paese».

Santi calcola che l'eccezionale innalzamento delle acque della Laguna di Venezia della settimana scorsa, scongiurata per la prima volta dalle dighe mobili del Mose, avrebbe provocato danni per almeno 250 milioni di euro. A Ravenna, invece, per citare un porto, il mare ha invaso banchine, piazzali, terminal e magazzini. È successo con minore violenza a Trieste e si è ripetuto a Napoli. Per le infrastrutture portuali si tratta non solo di danni alla merce contenuta nei magazzini o presente sui piazzali ma anche di danni agli impianti con conseguenti blocchi dell'operatività e congestioni. «Quelli che sino a pochi anni fa - sottolinea il presidente di Federagenti - potevano ed erano correttamente considerati eventi atmosferici eccezionali sono diventati la norma e ignorarlo significherebbe ripetere gli stessi errori di sottovalutazione del dissesto idrogeologico del Paese». 

Si stima che già nel periodo da gennaio a luglio di quest'anno si siano verificati un numero di eventi metereologici eccezionali superiore alla media annuale degli ultimi dieci anni. Sul fronte dell'innalzamento medio del mare, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell'ONU stima che questo possa essere di circa 48 centrimetri al 2100 in uno scneario con una temperatura superiore a 3 gradi. Senza dimenticare l'altro estremo, la siccità, che questa estate ha mandato in secca i principali fiumi del centro Europa.

Secondo Federagenti, che ha intenzione in questo senso di rivolgere un appello circostanziato ai ministeri competenti, primo fra tutti quello del Mare, è urgente ed emergenziale verificare le opere di protezione esistenti, valutarne lo stato di manutenzione, provvedere all'escavo dei fondali del porti, dei fiumi e degli invasi in generale abbreviando nei tempi l'iter procedurale previsto per legge e fissando tempi e metodologie, anche autorizzative, di emergenza. Le infrastrutture vanno sottoposte a un'attenta e rigorosa analisi dei rischi (come suggerito dagli organismi internazionali) e vanno definite le priorità di intervento in base ai rischi potenziali e alle valutazioni economiche, sociali e occupazionali oltre che ovviamente ambientali, nella consapevolezza che quello del Mose, sottraendolo dal giudizio del sistema corruttivo che lo ha tristemente caratterizzato, è un esempio virtuoso della capacità italiana di fare tecnicamente bene coniugando, appunto, le esigenze ambientali con quelle socio-economiche.